Caso Nada Cella, la madre di Soracco non sarà processata mentre la vicina racconta: “Cecere ce l'aveva con il mondo”

di Emilie Lara Mougenot

5 min, 46 sec

L’ex vicina dell’imputata racconta nuovi dettagli in aula. La rabbia di Cecere, il legame con Soracco e i dubbi sulla madre del commercialista

Caso Nada Cella, la madre di Soracco non sarà processata mentre la vicina racconta: “Cecere ce l'aveva con il mondo”

Il processo che deve dare un nome alla persona che ha ucciso Nada Cella prosegue oggi con l’ascolto di nuovi testimoni nel tentativo di far luce su una vicenda che, a quasi trent’anni di distanza, continua a presentare molte zone d’ombra. Una testimonianza che, nonostante gli anni passati, sembra nitida. Adriana Berisso, ottantenne, ha parlato davanti alla Corte d’Assise nel processo per l’omicidio di Nada Cella. All’epoca dei fatti, Adriana viveva in una piccola palazzina di corso Dante composta da due appartamenti. Nel primo abitava lei con il marito, i due figli e l’anziana madre, assistita dalle sue badanti; nell’altro appartamento viveva Anna Lucia Cecere, oggi principale imputata per l’omicidio di Nada. L’ex vicina di casa dipinge un’Anna Lucia ossessionata dall’idea di sistemarsi, ma soprattutto rabbiosa: “Era sempre arrabbiata, questa qua, ce l’aveva col mondo”, ha dichiarato, ricordando alcuni episodi del passato.

Il ritratto della Cecere – Secondo la testimone, l'imputata era determinata a "sistemarsi" con un buon partito. Anna Lucia sembrava portare il rancore di una vita sfortunata: aveva un figlio a Santa Margherita, del quale non poteva occuparsi perché i soldi che guadagnava lavorando non le bastavano. Aveva più volte confidato alla Berisso il desiderio di trovare un uomo per poi poter recuperare suo figlio. Un carabiniere ha inoltre riferito in aula che la Cecere si recò nello studio di Soracco per chiedergli di sposarla, circostanza che la Berisso non ha potuto confermare direttamente. Anna Lucia era arrivata in corso Dante grazie all’aiuto dei Francescani. La sua casa era priva di mobili, almeno così sembrava da come si presentava Cecere, alla quale la madre di Adriana dava da mangiare in uno slancio di generosità. “Anna”, come la chiamava Adriana, aveva abbastanza confidenza con lei da chiederle anche dei vestiti in prestito per le sue serate in discoteca. I rapporti tra le due donne erano buoni, finché Anna non litigò con la madre di Adriana e la badante. Dopo quell’episodio, i loro rapporti si interruppero definitivamente. Berisso ha riferito che sua madre e la badante le raccontarono un episodio significativo: Cecere, infuriata, avrebbe impugnato una statuetta e detto: “Spaccherei la testa a tutte queste che vengono dalla campagna."

Il rapporto con Soracco – La testimone ha rivelato un episodio chiave, affermando che Cecere e Soracco andarono insieme a una festa di ballo. Le prestò un vestito nero e una collana di bigiotteria e le chiese se sarebbe andata in motorino fino a Uscio. Alla domanda, Cecere rispose che l’avrebbe accompagnata Soracco in macchina. La Berisso, inizialmente scettica sul fatto che Soracco frequentasse Cecere, si ricredette il mattino successivo, quando vide la sua auto parcheggiata sotto casa. "Pensavo fosse un ragazzo serio", ha commentato. Adriana sapeva benissimo che quella macchina apparteneva al commercialista: gliel’aveva venduta lei stessa. Adriana, infatti, gestiva un autosalone a Sestri Levante insieme al marito. L'auto era stata regalata a Soracco dalla madre quando si laureò un’Audi 80 bianca. Berisso ha espresso dubbi sulle affermazioni pubbliche del commercialista, il quale ha sempre sostenuto di non conoscere Cecere. "Mi dava fastidio sentirlo dire che non la conosceva", ha commentato in aula.

Dopo il 6 maggio – Berisso ha riferito che Cecere, nei giorni successivi all’omicidio, si comportò in modo insolito. “Una mattina uscì molto prima del solito”, ha detto, pur non ricordando la data precisa. “Di solito usciva tra le 8:30 e le 9, ma quella mattina uscì prima delle 8. Poi, giorni dopo, la vidi stendere vestiti e scarpe, cosa che non aveva mai fatto prima”. Insospettita da queste anomalie, Adriana ricorda di aver fatto il nome di Cecere ai carabinieri già poche settimane dopo il delitto, ma di aver chiesto di rimanere anonima per paura. “All’epoca si sapeva benissimo chi comandava”, ha dichiarato, facendo riferimento all’influenza politica della famiglia Soracco: “Il padre di Soracco era presidente della Democrazia Cristiana”, e al sostegno della Curia nei confronti della Cecere. “Non volevo mettermi contro quel mondo, ma sentivo il bisogno di dire quello che sapevo. Quando mio marito lo ha saputo, mi ha detto di tutto”. Poco dopo, la Cecere lasciò l’abitazione: prima sparì per qualche tempo, poi fece arrivare un camion per traslocare. “Un giorno mi chiamò per dirmi di lasciare il cancello aperto perché sarebbe arrivato un camion a portare via la sua roba. Poco dopo, non si fece più vedere”. Berisso ha riferito di aver saputo in seguito che la donna si era trasferita a Boves.

L'ombra della Madre - L’udienza si è aperta con la decisione della Corte d’Assise di separare la posizione processuale di Marisa Bacchioni, 93 anni, imputata per favoreggiamento e false dichiarazioni. La decisione è scaturita dall’accertata incapacità dell’anziana di intendere e volere, come attestato da una perizia medico-legale depositata dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Vernazza. Di conseguenza, Bacchioni è stata dichiarata non processabile e la sua posizione è uscita dal giudizio, determinando l’estinzione dell’azione penale nei suoi confronti. Tuttavia, il suo ruolo nell’inquinamento della scena del crimine nel caso dell’omicidio di Nada Cella, avvenuto nel 1996, è stato oggetto di attenzione nel corso dell’inchiesta. Proprio su questo punto, Adriana Berisso ha sollevato perplessità durante la sua deposizione, affermando di aver visto recentemente Bacchioni camminare per le strade di Chiavari, mettendo così in dubbio il presunto decadimento fisico e mentale che ha portato all’esclusione della donna dal processo. Una dichiarazione che ha gettato nuove ombre sulla reale condizione della madre di Marco Soracco e sul suo effettivo coinvolgimento nei fatti. 

I dettagli – Durante la riapertura del caso nel 2021, la polizia mostrò a Berisso un bottone ritrovato sulla scena del crimine. La testimone lo riconobbe come simile a quelli di una giacca marrone appartenente a Cecere. I bottoni furono trovati dai carabinieri che, all’epoca, indagarono su Cecere per cinque giorni. Nella sua abitazione vennero rinvenuti cinque bottoni identici a quelli scoperti sulla scena del delitto. L’ex maresciallo Giuseppe Mariotta ha descritto Cecere come “fredda e impassibile, come se ci aspettasse” durante la perquisizione, e ha ricordato come il pubblico ministero dell’epoca ritenesse gli indizi insufficienti per proseguire l’interrogatorio, chiudendo così la pista Cecere con la convinzione che “da lì a poco ci sarebbe stata una svolta clamorosa”.

Mentre il processo prosegue, resta da capire se gli indizi raccolti saranno sufficienti a colmare le lacune di un caso rimasto irrisolto per quasi trent’anni.

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