Caso Toti, Arturo Testa ai pm: "Il presidente chiese voti a una cena"
di Redazione
Secondo l'indagato, il consigliere comunale Lo Grasso lo aveva avvisato: "C'è in giro la voce che abbiamo i telefoni sotto controllo"
"Matteo Cozzani era il mandatario di Toti" per la campagna elettorale delle regionali 2020. Lo ha detto, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Arturo Angelo Testa, (foto dal profilo Facebook) uno dei due gemelli indagati per corruzione elettorale, aggravata dall'aver favorito il clan mafioso dei Cammarata, di Riesi, che per gli inquirenti ha radicamento anche a Genova, nel quartiere di Certosa in Valpolcevera.
Al gip Paola Faggioni, Testa (messo in contatto con il centrodestra ligure da Alessandro Sorte, parlamentare oggi forzista) ha detto che Toti in persona lo aveva avvicinato a una cena per chiedere voti. Sempre Testa, riferisce Il Secolo XIX, sostiene che con le regionali "abbiamo fatto l'apripista" in funzione delle comunali genovesi del 2022, "perché nelle comunali poi c'erano due nostri candidati". Il gemello Italo Maurizio, intercettato dalla Finanza nel 2021, raccontava come a quella cena del settembre 2020 Toti lo avesse preso da parte, definendo lui e il gemello "due bulldozer" e chiedendo "un po' di voti per Ilaria Cavo". Arturo conferma.
Il gip Faggioni, riferendosi alle dichiarazione della parlamentare (non indagata) rese in quanto persona informata sui fatti, dice a Testa: "Cavo dice che voi in maniera esplicita, in quell'incontro di 30-40 minuti, avevate detto che per la campagna elettorale a Genova dovevate essere spesati, intendendo il pagamento di vitto e alloggio per un certo periodo in città... e inoltre che a fronte di questo sostegno elettorale quantificabile in circa 400 voti, successivamente alle elezioni si sarebbero dovuti garantire dei posti di lavoro per soddisfare le esigenze di appartenenti alla comunità riesina". A questi rilievi Testa prima obietta "Non abbiamo parlato di politica" poi dice "Molto probabilmente me l'ha presentata l'onorevole Sorte... nel caso in cui poteva essere candidata, potevamo dare una mano con i voti di Certosa". E aggiunge: "Sul fatto dello "spesato" mi sembra una cosa ovvia... A chi ci ha chiesto un aiuto abbiamo sempre detto: 'Noi non vogliamo niente, ma non vogliamo nemmeno rimetterci, quindi se ci date le spese vive, vitto e alloggio, va bene'. Ma il fatto di chiedere posti di lavoro, no".
Cavo aveva spiegato, nell'audizione da persona informata sui fatti, di aver preso le distanze dai Testa proprio paventando da parte loro "comportamenti corruttivi". E non si era presentata alla cena del 12 settembre 2020, dieci giorni prima del voto, a Punta Vagno. Una serata organizzata dai Testa con la comunità riesina di Certosa, alla presenza di Toti, Cozzani e dei candidati Stefano Anzalone e Lilli Lauro (il primo indagato, la seconda no). "Cavo c'era? Sa che non mi ricordo? - dice Arturo - Penso di sì. Ripeto, non me lo ricordo". Per la Finanza la futura deputata non era andata.
La gip Faggioni chiede conto a Testa di una sua frase intercettata, detta dopo la mancata candidatura con Cambiamo: "Comunque poi noi entreremo dalla finestra". Arturo, assistito dagli avvocati Stefano Vivi e Celeste Pallini : "Nel senso che se io non mi candidavo più e davamo l'aiuto a qualcuno, magari può darsi che se vinceva, per dire se c'era qualche cosa... diciamo così, avere qualche lavoro, sempre a livello privato però... per qualcuno dei riesini disoccupati". La gip insiste e sui posti di lavoro Testa fa marcia indietro: "Non c'era nessun accordo". A chi aveva dato la disponibilità per fare campagna elettorale? "A Cozzani", dice Arturo. Ovvero il capo di Gabinetto di Toti, all'epoca sindaco di Portovenere e referente del comitato elettorale del presidente ricandidato. Italo Maurizio, registrato dalla Finanza nel 2021, raccontava come a quella cena del settembre 2020 Toti lo avesse preso da parte, definendo lui e il gemello «due bulldozer» e chiedendo «un po' di voti per Ilaria Cavo». Arturo conferma.
Nella ricostruzione della Procura, l'accordo era chairo: Cozzani s'impegnava a trovare posti di lavoro e a fare altri favori in cambio di voti. E per quanto neghi l'esistenza di "un accordo" o di "promesse", Testa nell'interrogatorio spiega: "Mio fratello mi ha spiegato che Cozzani diceva che dal porto... gli mandavano a dire che avevano bisogno di operai. Allora mio fratello gli ha dato due o tre curriculum, se potevano fare qualcosa". Così come glieli avrebbe consegnati Venanzio Maurici, l'ex sindacalista che per la Procura è il referente del clan a Certosa.
In funzione delle comunali di Genova del 2022, i Testa avevano ripetuto un'altra cena a Punta Vagno, sempre con Toti. E spiegavano, intercettati, di voler creare "una cricca" per trovare voti. "Cricca significa gruppo - minimizza Arturo - Se vuoi avere un domani una base elettorale, fai un gruppo". Una "cricca" dalla quale tuttavia era stato estromesso Umberto Lo Grasso, consigliere comunale di Genova della lista Toti, indagato per favoreggiamento. Escluso perché, stando alle intercettazioni, dopo il successo alle regionali era uscito di scena. E Italo Maurizio, sempre intercettato, aveva spiegato di avergli detto: "Per le comunali di Genova ci saremo e non ti diamo la mano a te". Alla giudice Arturo riferisce : "Ci siamo comportati bene, anzi: altre persone gli avrebbero dato due bastonate. E alle comunali abbiamo portato un altro". Eppure, ribadisce Testa, era stato proprio Lo Grasso a metterli sull'attenti: "Ha detto: 'C'è in giro la voce che praticamente abbiamo i telefoni sotto controllo'".
Testa infine si sofferma su Anzalone (consigliere regionale eletto con Toti), oggi indagato per corruzione elettorale, ma senza aggravante mafiosa. "Lo Grasso ci ha fatto conoscere Anzalone, che si era presentato come poliziotto e diceva: 'Va be', allora l'alloggio, il vitto li pago io'. È stato solo un rimborso spese, se vuole. Presumo che è andato a pagare il conto all'albergo. L'accordo era quantomeno vitto e alloggio". Vinte le elezioni, Anzalone "non ci ha nemmeno ringraziati. Mi ha bannato".
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