Le (tante) problematiche dell’economia ligure
di Paolo Lingua
La Liguria non è certo l’unico territorio italiano su cui soffia come un vento maligno la crisi economica. La pandemia ha messo in ginocchio molte aree del nostro Paese, ma è indubbio che la Liguria, in molte sue articolazioni operative, sta soffrendo. Il settore che ha subito una batosta, a partire dall’anno scorso, è stato certamente il turismo. Tre quarti degli alberghi, non solo sulle Riviere, ma anche nei grandi centri urbani, a partire da Genova, sono chiusi e i pochi che operano cercano di sopravvivere con le presenze – non certo ingenti – a scopo di lavoro.I ristoranti e i bar, ma un po’ tutto il settore commerciale (in particolare le vendita al minuto) hanno subito perdite al di sopra del 50% dei bilanci abituali. In non pochi casi le perdite sono state anche maggiori. Ancora in questi giorni, alla vigilia delle decisioni del governo, sentiti i vertici sanitari responsabili, su un nuovo assetto del territorio che prevedono innesti di zone rosse circoscritte in province e regioni che sono gialle e arancioni, le incertezze sono dominanti.
Il sistema di aperture e chiusure parziali ha provocato danni economici ulteriori. E questo spiega le manifestazioni pubbliche di piazza e i cortei dove soprattutto si sfoga la rabbia e il malcontento di imprenditori e lavoratori. Eppure, anche alla luce di quelle che possono essere oggi le prossime decisioni, non appare chiaro come si evolverà la situazione all’inizio dell’estate. Non è affatto chiaro se ci sarà una ripresa del turismo e delle vacanze, anche perché tutta l’Europa frena sugli spostamenti. Inoltre, salvo qualche eccezione come la Gran Bretagna, il ritmo delle vaccinazioni non è eccessivo in nessun Stato. Eppure la logica è elementare: la vaccinazione di massa ridurrà al minimo il Covid e a questo punto ci saranno le premesse per la ripresa dell’economia. Ma si rischia di non vedere la luce in fondo al tunnel non la prossima estate, bensì la primavera del 2022, sempre che tutto vada bene. Restando in Liguria e scavalcando i settori del commercio, dell’artigiana e del turismo , si profilano anche altri aspetti inquietanti per la nostra economia.La prima è legata all’inquietudine che serpeggia nel porto e nel settore marittimo e dello shipping. Il 5 marzo è annunciato uno sciopero dei portuali, sorretti dai sindacati di categoria. E’ la risposta alla mossa di attacco venuta nei giorni scorsi da una parte dei terminalisti di cui i media hanno già parlato a lungo. La questione è complessa e ci è già capitato di osservare che i contrasti tra terminalisti e Culmv hanno radici remote. Ma è singolare che la questione sia emersa in un momento economicamente difficile, con un pesante calo dell’attività dello scalo: dalle crociere, di fatto quasi azzerate ai traghetti, ma anche con discese nel sistema delle merci. Anche in un settore strettamente legato alla ripresa economica non è agevole prevede come e quando ci sarà la ripresa dei traffici, considerato che il Covid ha colpito e continua a colpire un po’ tutto il mondo. Per completare il quadro tutt’altro che allegro, emerge, in questi giorni, una nuova lunga ombra nel settore bancario-finanziario. La banca Carige, da anni in crisi, è nuovamente in fase di attesa (di fatto attesa frenata), dopo la nomina dei nuovi verti in questi giorni.
La procura di Milano ha ripreso a esaminare il caso dell’ex ad Fiorentino, accusato di aggiotaggio, mentre gli stessi magistrati esaminato una denuncia con aspetti consimili che l’ex azionista di maggioranza, il gruppo Malacalza avrebbe avanzato nei confronti delle passate gestioni commissariali. Malacalza, inoltre, ha già avanzato presso la magistratura genovese, un’azione legare nella quale chiede alla Carige, l’indennizzo dovuto al crollo della sua quota azionaria (una cifra di poco inferiore al mezzo miliardo di euro). Ci sono altre cause di risarcimenti dei piccoli azionisti. Questa situazione frena il possibile ritorno in Borsa della banca e anche sembra imporre una pausa alle possibilità di acquisto da parte della CCB di Trento. Le cause civili e penali incombono. I casi che sinora abbiamo citato sono diversi tra loro e neppure connessi, ma rendono il quadro generale poco rassicurante
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