Lettera aperta alla Ministra Azzolina: cosa non va a scuola ai tempi del coronavirus
di Giulia Cassini
Il messaggio della docente, studiosa, giornalista e mamma Chiara Pasetti sulla didattica a distanza
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Riceviamo in redazione e riportiamo la lettera indirizzata alla Ministra Lucia Azzolina di Chiara Pasetti, docente di Filosofia a Novara, con diversi spunti di riflessione tra normativa, necessità degli studenti e didattica a distanza.
Onorevole Ministra Azzolina,
non è mia abitudine registrare dei messaggi, io sono abituata a scrivere. Da giorni sto buttando giù una bozza di lettera da indirizzarle, e ogni giorno questa bozza cambia, aggiungo dati, correggo il tono. In alcuni momenti ero più preoccupata e arrabbiata, in altri più formale. Alla fine mi sono resa conto che non c’è molto tempo per lasciarsi prendere né dalla collera né dalla retorica, e ho pensato dunque che fosse molto meglio farle arrivare dalla mia voce questo messaggio. La voce di una docente di filosofia in una scuola superiore privata parificata di Novara, di una mamma di un quindicenne che frequenta un liceo classico statale sempre a Novara, e anche di una persona che da sempre scrive su diverse testate nazionali, con una particolare attenzione ai temi della libertà, dell’eguaglianza, dei diritti delle donne ma in generale di tutti. Qualche tempo fa tra l’altro scrivevo anche per un inserto della Domenica del Sole che ora non c’è più, si chiamava Q, era concepito per i bambini e i ragazzi fino alle scuole superiori, e da quel momento ho imparato a conoscere meglio i loro gusti letterari, il loro mondo, le loro ansie e i loro sogni.
So che lei e il Governo state come tutti cercando delle soluzioni per gli Studenti, e state valutando come supportare la didattica a distanza. Dall’otto marzo io avevo già attivato Classroom, prima ancora che la mia scuola mi confermasse questa piattaforma.
È difficile cercare di rivolgerle un appello che comprenda tutti, davvero tutti gli studenti, diciamo fino ai maturandi. Non solo dunque i miei studenti, non solo gli studenti della scuola di mio figlio, non solo di Novara, ma di tutta Italia. Tuttavia, dalle tante testimonianze che sto leggendo, dal grande lavoro che Presidi, docenti e i ragazzi stessi stanno svolgendo specialmente nelle ultime due settimane, non credo che la mia situazione sia in fondo così diversa rispetto a quella di un docente di un'altra città italiana.
Vede, Ministro, la didattica a distanza sta finalmente prendendo corpo e forma, dopo alcuni giorni di caos. Non so dirle il numero di messaggi che ho ricevuto dai miei ragazzi comprensibilmente in difficoltà perché non sanno, tanti di loro, creare un documento word o pdf, alcuni non avevano un account Google, altri ancora non avevano un indirizzo mail… Strano vero, i nativi digitali, che si scoprono degli absolute beginners, per usare le parole di una canzone di David Bowie, proprio di fronte alla tecnologia che credono di conoscere bene. E invece no! Conoscono YouTube, Instagram, i social, ma tanti di loro non sono nemmeno su Facebook perché lo considerano da vecchi! E sono molto poco abituati a utilizzare un pc, il pacchetto office, la mail. E ripeto, parlo in generale, non di casi specifici. Hanno dunque fatto molta fatica, e noi docenti e genitori con loro, a capire come funzionassero certe piattaforme, perché è per tutti una situazione nuova. Poi è arrivato il supporto di We School, i giga gratis, e tante altre cose ancora che hanno enormemente aiutato tutti. E con la buona volontà, e gli strumenti giusti (altro capitolo, perché non è per niente scontato che in una famiglia ogni ragazzo possegga un pc a testa, un cellulare, una buona connessione internet), alla fine le cose tecniche si risolvono. E allora, lei dirà, cosa vuole da me? Risolto il piano tecnico, o in via di risoluzione, resta il piano fondamentale, quello umano, ministro.
Questi ragazzi sono a casa da giorni e giorni. Non possono vedere gli amici, i fidanzati. Alcuni di loro hanno parenti in ospedale a causa del virus. Eppure, nonostante la nostalgia, la noia, l’angoscia, la solitudine, si stanno dimostrando coraggiosi e responsabili. E noi adulti, noi docenti, noi genitori, il Governo stesso cosa stiamo facendo per loro? Stiamo parlando di ciò che sta succedendo? Non lo so.
Li stiamo incoraggiando a tenere duro? Non lo so. Stiamo facendo capire loro che anche se non vanno fisicamente a scuola la classe virtuale è in fondo il solo modo che hanno, ora, per portare avanti il programma e terminare l’anno scolastico? Non lo so.
Ci stiamo interessando delle fasce più deboli, di quelle che non sono in grado di ascoltare le video lezioni, di quelle che hanno bisogno di un supporto differente e differenziato? Non lo so.
Stiamo cercando di interrogarci circa il fatto se sia giusto dare loro dei voti per i compiti che assegniamo, in questo momento, e come dare questi voti, dato che la situazione che stiamo vivendo non è la normalità, anche se si cerca di dire loro che andrà tutto bene, e sarà certo così, ma ora non va tutto bene, neanche per loro! Non lo so.
Ci stiamo interrogando sul fatto che forse si può provare a sperimentare, tutti noi docenti, altre forme di compito diverse da quelle che avremmo dato se fossimo sui banchi di scuola, magari invitando i ragazzi a fare dei collegamenti tra la situazione attuale e la peste nel passato, tra le angosce e le paure indagate tra gli altri da Freud e i meccanismi di difesa di ognuno di noi, o indagando il ruolo degli scienziati, degli intellettuali, degli artisti di ogni epoca e provenienza nelle cosiddette situazioni estreme? Non lo so. Stiamo cercando di non considerarli delle creature da testare, da valutare, almeno ora (e glielo dice una madre che è sempre stata piuttosto esigente sui voti del proprio figlio, ai limiti dello stressante direi), ma delle persone da sostenere, incoraggiando la loro creatività e riflessione, capacità di esprimersi, di rendersi utili, di collaborare con i compagni anche a distanza? Stiamo insomma valorizzando davvero le potenzialità di ognuno di loro, cosa che in effetti la scuola dovrebbe sempre fare, non solo ora, oltre che trasmettere conoscenze e verificarne la comprensione e l’applicazione? Non lo so.
E ancora, stiamo dicendo loro che devono alzarsi la mattina, che non sono in vacanza, che la scuola continua, e continua davvero, non solo come slogan? Mi interrogo notte e giorno su queste questioni e so che il suo è un compito delicatissimo, non so dare tantissime risposte alle domande che le ho posto. Ma una cosa la so per certo, Ministro. Che siamo tutti uguali di fronte a diritti e doveri. Ma non siamo tutti uguali nel modo in cui tali diritti e doveri possono essere esercitati.
Ho dunque una sola umilissima cosa che mi sento di proporle… basta regole univoche, basta gerarchie, e basta favole, quelle se vogliano le leggono o le guardano in tv. Diciamo ai ragazzi che a scuola non si rientrerà, perché è assolutamente prevedibile che l’anno scolastico si chiuda con la didattica a distanza. Non potranno verosimilmente tornare in classe entro il termine dell’anno scolastico, la scuola è un bacino di contagio troppo importante, e quando finalmente saremo fuori da questa emergenza passerà ancora del tempo prima che ci si possa riunire specie in luoghi chiusi e piccoli come le aule.
Mettiamo fine dunque alle loro domande su quando si rientra a scuola una volta per tutte, e facciamo capire loro che da domani devono alzarsi e studiare quasi come se fossero a scuola. sono certa che detto da lei avrà un impatto molto diverso rispetto al fatto che lo dica un genitore, o un insegnante. Noi insegnanti, e ora parlo al plurale perché ho tanti amici colleghi, stiamo facendo del nostro meglio, i genitori anche, i ragazzi secondo me pure. Ma è necessario a mio avviso ora fare un passo in più. Dire loro la verità, e dare loro maggiore responsabilità e autonomia. Come? Dandola a chi li guida, a chi ha l’onore e l’onere di insegnare, e di educare: Presidi, e dunque docenti.
Ognuno di noi conosce le sue classi, i suoi studenti. E come dicevo prima tutti hanno diritto allo studio, ma non tutti sono uguali, ora più che mai emergono differenze di tutti i tipi su cui non mi soffermo perché le conosce molto meglio di me. Lasci che ogni Dirigente possa guidare la propria scuola, la propria nave, e con lui al timone ci siano i docenti. Dobbiamo essere nella condizione di poter fare del nostro meglio senza sottostare a strumenti imposti, scadenze fisse, obblighi di voto, e aggiungo in alcuni casi anche di programma.
Questo non vuol dire non seguire i programmi ministeriali, non assegnare compiti, non dare voti, anzi, ma se è necessario bisogna ora fare delle eccezioni, che sono quelle che confermano la regola.
Ai maturandi, bisogna permettere di ampliare le proprie conoscenze unendo la rete dei docenti che si metta a disposizione coordinando programmi, concordando collegamenti interdisciplinari ... come tanti stanno già facendo.
Bisogna che sia concesso l’utilizzo di qualsiasi app, piattaforma, metodo e strumento che ci consenta di non interrompere il rapporto con gli alunni, con tutti gli alunni. Ci fosse anche solo uno studente che in una classe non ha un pc, non è capace di usare classroom, non ha mai visto un documento word, bene, bisogna aiutarlo, bisogna che non si senta solo e diverso, perché non è diverso il suo diritto allo studio.
I presidi, se lei non comunica questo, hanno le mani legate, aspettano le sue indicazioni e forniscono ai docenti indicazioni poco chiare. E con loro noi docenti, che stiamo lavorando come possiamo ma a volte ci sentiamo quasi dei fuori legge, non io certo perché non mi appartiene questo sentimento, solo perché inviamo un messaggio su Whatsapp o su Skype al fine di cercare un studente che magari non si fa sentire da giorni.
I ragazzi dal canto loro, vedendo una nostra maggiore fermezza e autonomia rispetto a ora, si comporteranno di conseguenza, ne sono certa. E se non sarà così, ne subiranno le conseguenze, come è giusto che sia. Ma qui non si tratta di ribellarsi allo studio, anzi, si tratta di ribellarsi a regole o regole fumose che rallentano o addirittura nuocciono allo studio.
Spero con tutto il cuore che vorrà ascoltare questo messaggio. Se non sarà servito a nulla, le avrò rubato tempo prezioso e me ne scuso. Se sarà servito ad aiutare anche solo uno dei nostri giovani, in questo momento di difficoltà e smarrimento, io non avrò parlato per niente, e soprattutto lei non avrà perso il suo tempo.
Concludo con una celebre massima di Kant dalla Critica della Ragion Pratica, che ai tempi del liceo non avevo apprezzato come ora: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. Non abbiamo troppo tempo per la riflessione. Gli studenti italiani hanno bisogno di risposte e di guide. Hanno bisogno di legge morale e anche, tanto, di un cielo stellato".
Grazie dell’attenzione e buon lavoro. Per un parere, un confornto, una riflessione mi può trovare al seguente indirizzo e-mail chiarapasetti@libero.it
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