Delitto di Quinto, la mamma di Alice: "Mio figlio ha ucciso, ma è colpevole anche chi non ha fermato la sua mano"
di Matteo Angeli
"Io e mio marito avremmo dato la vita al posto di quella della nostra bambina. Vogliamo giustizia per il piccolo nipotino"
La loro vita è cambiata, stravolta. Da quella maledetta sera di inizio maggio quando il loro figlio Alberto ha lasciato per terra, senza vita, la sorella Alice. Nel loro appartamento di Sampierdarena Antonella e Graziano pensano e ripensano a quello che è successo ma soprattutto a quello che non è stato.
"Negli ultimi tempi avevamo percepito che Alberto stava peggiorando - racconta Antonella - non riusciva di fatto a distinguere il bene dal male e così ci siamo mossi immediatamente con il 112 come ci avevano consigliato tutti i professionisti della salute. "Se chiamate noi possiamo fare le nostre mosse e fermare Alberto con un Tso o qualche altro provvedimento" ci avevano rassicurato. Ci eravamo illusi, pensavamo che fosse il modo di arginare la follia di Alberto che stava andando oltre ogni nostra capacità di intervento salvo offrirci di farci uccidere in cambio di nostra figlia che aveva un bimbo di 17 mesi".
Il ricordo di quella notte maledetta. "Mio genero mi ha chiamato dicendo che Alberto aveva aggredito Alice. Mi sono attaccata al 112 urlando, non mi hanno dato alcuna informazione sullo stato di saluta di mia figlia, sono stata al telefono per 40 minuti senza ottenere nessuna risposta e nessuna informazione. Lo stesso muro di gomma che abbiamo incontrato da quando abbiamo deciso di fermare Alberto. Poi sono andata a Quinto e ho visto tantissimi uomini in divisa e sono impazzita dalla rabbia perchè invece alle 13.30 nessuno era invece venuto a chiederci cosa stesse succedendo, nessuno ha ascoltato le nostre paure dopo che Alberto era andato in escandescenza in maniera seria. Avevamo chiesto di andare in presidiare via Fabrizi e invece non ci sono andati".
Antonella non riesce a darsi pace. "Mio figlio ha ucciso, è colpevole e sta pagando, ma è colpevole anche chi non ha fermato la sua mano"
Ma chi era Alberto? "Alberto viveva solo, viveva in una situazione di esagerata solitudine. I medici ci avevano detto che un malato psichiatrico e che stava peggiorando di giorno in giorno. Era ossessionato dai vicini di casa che lo potessero spiare e da altre situazione simili. Alberto delirava, non riuscivamo più ad avere alcuna comunicazione e per i medici era molto malato. Era diventato aggressivo e pericoloso, ma nessuno delle forze dell'ordine ci ha ascoltato. E poi non sopporto lo scherno a cui siamo stati sottoposti. Non puoi dire ad una madre che ti sta raccontando che ha paura di suo figlio: "Signò non famola tragica", non puoi, non puoi".
La famiglia di Alice si è rivolta all'avvocato Fabio Anselmo, il legale del caso Cucchi. "Mi rendo conto che non sia un caso facile il nostro, che non sia semplice smontare il meccanismo di professionisti della sicurezza che non hanno fatto bene il loro lavoro. Sarà molto dura arrivare in fondo, vedo cose che non mi piacciono. Alice aveva un grandissimo senso di giustizia, voleva fare il magistrato. La nostra forza oggi è il nostro nipotino Alessandro, per lui andiamo avanti perchè un giorno gli dovremmo spiegare che lo Stato non ha aiutato sua madre"
Nel portafoglio Graziano conserva uno dei tanti bigliettini affettuosi che la figlia Alice era solita attaccare in giro per la casa. "Le piaceva farci queste sorprese, era una ragazza dolcissima in grado trasmettere amore. Ne ha dato e ricevuto tanto anche dal fratello. Non doveva finire così".
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