Energia, industria, geopolitica: le sfide per l'Italia, tra nucleare e green deal

di Matteo Cantile

11 min, 35 sec

Intervista ad Antonio Gozzi, presidente di Duferco

Antonio Gozzi, presidente di Duferco e di Federacciai, racconta a Telenord il suo sguardo sulla situazione dell'industria italiana, tra costi dell'energia tra i più alti in Europa e l'orizzonte di un nuovo nucleare. Dalla crisi dell'automotive alle sfide dell'acciaio, passando per i dazi fortemente voluti dal Donald Trump, Gozzi spiega la sua visione del panorama odierno al microfono di Matteo Cantile. 

Nucleare - "Tra le grandi nazioni industriali europee l'Italia è quella più penalizzata, dal punto di vista del costo dell'energia e devo dire che l'industria italiana fa miracoli per reggere questo gap nei confronti della Francia, della Germania e anche della Spagna. Le ragioni per cui l'energia elettrica in Italia costa di più che negli altri paesi europei sono anche ragioni strutturali, cioè dipendono dal parco di generazione. Se guardo la Spagna, che dal punto di vista del mix generativo è sicuramente il paese che sta meglio, la Spagna ha tutte le tecnologie, cioè tantissime rinnovabili, perché ha una configurazione orografica che favorisce assai rigassificatori, e quindi centrali a turbogas, e molte centrali nucleari. E da questo mix di diverse fonti energetiche deriva un prezzo relativamente basso per i cittadini, per le famiglie, per le imprese. Il nucleare è una tecnologia indispensabile per due ragioni per garantire all'Europa sicurezza strategica e non farla dipendere troppo da approvvigionamenti esteri che, come si è visto nel caso del gas russo, sono pericolosi e creano dipendenza. E perché è contemporaneamente una fonte decarbonizzata.  Se vogliamo continuare sulla strada della decarbonizzazione, dobbiamo essere consapevoli che le energie rinnovabili non bastano, perché sono discontinue e per una serie di utilizzi industriali e non solo industriali. Pensate agli ospedali, pensate alla tutela ambientale, cioè pensate a tutti quegli utilizzi che non possono avere black out. Ecco, per tutti questi utilizzi il nucleare è indispensabile, sono assolutamente convinto di questo. Sto lavorando molto come Presidente di Federacciai con Edison ed Ansaldo Nucleare per cercare di fare un'alleanza che consenta di guardare al nucleare di 4ª generazione, agli SMR, come degli strumenti ideali per i distretti industriali italiani". 

Stallo italiano - "La sfida è proprio una sfida di comunicazione, nel senso che il nucleare di 4ª generazione, senza parlare della fusione, è una roba completamente diversa da quella che il nucleare è stato fino ad oggi. Bisogna spiegarlo alla gente, bisogna essere rigorosi e scientifici nella spiegazione che si fa alla gente. I primi segnali non sono così negativi. I sondaggi dicono che soprattutto i giovani sono particolarmente attenti alla tecnologia del nucleare, del nuovo nucleare che non ha niente a che fare con il nucleare militare, non ha niente a che fare con con le vecchie tecnologie, che peraltro non vanno criminalizzate, perché gli incidenti sono stati pochissimi. L'incidente di Fukushima ha avuto un morto per una situazione del tutto straordinaria, con un maremoto di potenza incredibile. C'è molta ideologia, c'è stata molta ideologia anche contro il nucleare e nel mondo che viviamo bisogna invece essere concreti pragmatici, scientifici, rigorosi ma non ideologici dall'affrontare temi che sono vitali per il futuro dell'umanità. C'è una domanda di energia crescente nel mondo. Le emissioni di CO2 nel mondo crescono ogni anno. La pretesa europea di dare lezioni a tutti e di fare il primo della classe si è dimostrata evidentemente infondata. Dico sempre se tenuto conto che in Europa si emettono meno del 7% delle emissioni mondiali di CO2 e meno della metà di questo 7% è dovuto all'industria.  Se con un colpo di bacchetta magica chiudesse tutta l'industria europea, con le conseguenze economiche e sociali del caso, dal punto di vista della emissioni globali di CO2 non cambierebbe assolutamente niente. Quindi affrontiamo le cose in maniera realistica, pragmatica e cioè smettiamola di rincorrere estremismi ideologici come sono stati quelli del green che hanno fatto solo male all'Europa e alle imprese europee".

Mix energetico - "C'è una complementarietà tecnologica: le rinnovabili vanno bene ma sono state costosissime in Italia. A proposito di spese in bolletta ricordo a tutti che gli italiani spendono dai dodici ai 14 miliardi l'anno per l'incentivo delle rinnovabili e che al 2030, quando i programmi saranno completati, gli italiani avranno speso per fare le rinnovabili 200 miliardi, perché non è che siano gratis. Quando ci chiediamo perché il costo dell'energia elettrica in Italia è così alto, bisogna anche tenere conto dell'impatto sulle bollette in tutti questi anni degli incentivi per le rinnovabili le rinnovabili vanno benissimo, bisogna farne tutte quelle che è possibile fare. Bisogna tenere conto che la specificità del Paese, quella che è. Quindi le sovrintendenze saranno anche un po' rigide, però siamo l'Italia - il Bel Paese - non è che possiamo mettere nella piana di Agrigento o nelle colline del Chianti pannelli solari e torri eoliche. C'è un limite e c'è un limite soprattutto alla discontinuità, perché quando non c'è vento e non c'è sole gli ospedali funzionano lo stesso, le fabbriche funzionano lo stesso. E le tecnologie che spesso vengono invocate come tecnologie che possono compensare questa discontinuità delle rinnovabili vanno bene per le case unifamiliari". 

Ideologia - "Un giorno qualcuno va a San Zeno, dove c'è l'acciaieria, il forno elettrico più grande che abbiamo, e dice 'devi metterci le batterie'. Io sono stato zitto, sono tornato in fabbrica, ho detto ai miei ingegneri 'Fate il calcolo di quanto spazio devono occupare le batterie per alimentare il nostro forno elettrico?'. L'hanno fatto: 100 campi di calcio. Allora di cosa stiamo parlando? Evidentemente siamo ideologici anche anche su questo. Ci sono certamente utilizzi per i quali gli accumuli vanno bene, le tecnologie sono ancora costose, ma scenderà il costo anche degli accumuli. Ci sono determinati utilizzi, come quelli degli energivori, per cui non vanno assolutamente bene e quindi bisogna prenderne atto e agire di conseguenza".

Automotive - "Avere disintegrato l'industria automobilistica europea, il primo sistema industriale europeo che rappresentava grosso modo con l'indotto il 22 23% di tutta l'industria europea e che dà da lavorare a 14 milioni di persone, è una roba che passerà alla storia come l'esempio del rincretinimento di chi ci ha governato negli ultimi vent'anni in Europa. Il green deal è stato in realtà un gigantesco assist all'industria cinese, prima in tutto: pannelli solari, inverter, pale eoliche, batterie al litio e automobili elettriche. Queste in particolare sono bellissime, modernissime e costano il 25-30% in meno delle auto europee".

Acciaio - "L'Italia è un grande Paese siderurgico. È il primo Paese del mondo per siderurgia decarbonizzata. Non esiste nessun Paese del mondo che abbia l'85% delle produzioni dell'acciaio fatte da forno elettrico e quindi sostanzialmente decarbonizzata. Se mi riesce di fare l'operazione con i francesi e di Edison, per avere un contratto a lungo termine per gli energivori italiani siderurgici in particolare di nucleare, l'Italia sarà il primo Paese del mondo in cui potremo annunciare di produrre acciaio completamente green, perché un terzo dell'elettricità che compriamo in rete è verde. Con l'energy release, l'altro terzo viene fuori. Manca solo un terzo. Non credo che potremo chiedere premi di prezzo per l'acciaio green, ma a parità di prezzo tra comprare acciaio green e acciaio invece con impronta carbonica, certamente i clienti compreranno acciaio green. Dobbiamo difendere uno dei più importanti asset industriali del paese. Ci sono punti di crisi, l'Ilva è uno di questi principali. L'altro è Piombino. 

Taranto e Cornigliano - "C'è un rapporto con Taranto, maturato in questi 15 anni di presidenza di Federacciai, molto intenso.  Vediamo cosa saranno i piani industriali che presenteranno o che hanno presentato gli acquirenti. Sospendo il giudizio. Oggi è difficile dare un giudizio significativo. Io credo che si debba fare ogni sforzo possibile per salvare un asset strategico per il Paese. Era la fabbrica più bella d'Europa e una delle più belle del mondo, oggi è la fabbrica tra le più ambientalizzate del mondo. Ridurre le emissioni nocive di benzopirene e diossine, che sono quelle che hanno impatti fortissimi anche sanitari, e ridurra la CO2 sono due campi completamente diversi. Sul primo tema, grazie a interventi di un decennio di lavoro delle strutture commissariali dell'Ilva in amministrazione straordinaria, l'impianto è completamente ambientalizzato. Quando entri a Taranto ci sono grandi dome di copertura dei carbonili, che sono giganteschi e che eliminano anche le polveri sottili. Altro tema è quello della decarbonizzazione, che riguarda gli altiforni e il modo di produrre l'acciaio e sul quale. Per quanto riguarda Genova, da presidente di Federacciai ho sempre sostenuto la tesi che innanzitutto c'è la siderurgia. Poi però bisogna ragionevolmente capire se quelle aree sono tutte necessarie per la siderurgia o se pure possono essere utilizzate sempre con obiettivi occupazionali legati alla logistica, a manifatture diverse, eccetera. Anche qui non bisogna essere ideologici, bisogna essere pratici e credo che quando capiremo il destino finale di Taranto, si potranno fare dei ragionamenti anche su Cornigliano".

Rapporti con i sindacati - "Il conflitto di classe novecentesco va bandito per ridare competitività ai sistemi industriali europei e italiano. Nel caso occorre stabilire un rapporto solidale di tutti i protagonisti delle fabbriche, che rischiano di essere dei sopravvissuti e che quindi devono esprimere una affectio all'impresa superiore a tutto. Serve coinvolgere i lavoratori nella partecipazione agli utili. È uno degli strumenti per ottenere questo diverso clima culturale. Attardarsi sul conflitto sociale all'interno delle fabbriche vuol dire non capire il momento che stiamo vivendo e cosa dobbiamo fare in futuro. E quindi bravo Sbarra, brava la Cisl, bene il Governo che sembra intenzionato ad andare rapidamente in Parlamento approvare questa norma di legge, perché mi sembra una norma che, oltre a dare attuazione ad un dettato costituzionale, è anche adeguata ai tempi che viviamo e alla necessità di essere inclusivi, solidali e protettivi nei confronti degli asset industriali, la principale ricchezza del Paese. Il Paese sta in piedi perché c'è una manifattura che produce 1200 miliardi all'anno di fatturato e ne esporta più della metà, esprimendo quindi un vantaggio competitivo assoluto, perché in assenza di svalutazioni competitive della moneta, se esporta più del 50% del mio fatturato vuol dire che sono super competitivo. Un sistema industriale super diversificato, diversamente da quello tedesco. Se in Germania automotive e chimica vanno in crisi crolla tutto. In Italia invece c'è l'alimentare, il legno arredo, la moda, la meccanica, la meccatronica e il farmaceutico. Una pluralità di strutture industriali che fanno la ricchezza di questo Paese e che hanno tenuto in piedi il Paese in questi anni".  

Trump e i dazi - "Sono più preoccupato della deregulation che dei dazi. I dazi sono uno strumento negoziale e l'Europa si deve preparare a fare una negoziazione dura, difficile, che riguarderà soprattutto le spese militari perché gli americani non hanno più voglia di spendere tutto quello che hanno speso fino a oggi per proteggere l'Europa a spese del contribuente americano. Ed è un ragionamento del tutto comprensibile. Vediamo dove finiscono. Avete visto che il Canada e Messico, li ha fatti uscire fuori. Ritirati, usandoli come strumenti pesanti di negoziazione? Io sono più preoccupato della deregulation. Cioè lui sta cercando di reindustrializzare gli Stati Uniti e lo sta facendo con politiche di attrazione degli investimenti industriali esteri negli Stati Uniti. Se guardiamo i dati europei sono drammatici, da questo punto di vista, perché negli ultimi dieci anni l'Europa ha perso enormemente in attrattività degli investimenti industriali. Nonostante i proclami attuali io sono molto prudente prima di cantare vittoria, perché non mi fido dei tecnocrati di Bruxelles. Non viene a investire in un continente anti industriale. Temo la deregulation trumpiana perché vedo e sento molti colleghi industriali che stanno programmando investimenti negli Stati Uniti, e questo naturalmente mi preoccupa, perché dare investire negli Stati Uniti significa fare la ricchezza dei cittadini americani, con tutto il bene che posso volere ai cittadini americani, vorrei proteggere i cittadini italiani ed europei innanzitutto".

Investimenti in Africa - "Attraverso il Piano Mattei l'Italia ritorna a dire la sua in un'area geopolitica che è quella del Mediterraneo nella quale non dicevamo più niente da decenni, con gravi lacune e gravi mancanze. Il futuro dell'Italia è soprattutto a Sud e a Est e il piano Mattei cerca di mettere a sistema una serie di sforzi, di interventi, di progetti volti all'Africa, ma in particolare al Nord Africa, che fino a oggi non avevano un contenitore sistemico o un progetto sistemico. Il 2024 è stato tutto dedicato alla progettazione finanziaria con Simest, Sace, Cassa depositi e Prestiti. Il 2025 deve essere l'anno della messa a terra di progetti che non possono riguardare soltanto le controllate, cioè Eni, Enel, Terna, SNAM che vanno in quei Paesi senza bisogno del Piano Mattei ci sono già bisogna dello sforzo di Confindustria coinvolgere le imprese private italiane. Siamo in pole position dal punto di vista dell'empatia culturale nei confronti di quei Paesi, siamo gli unici che possono portare un messaggio occidentale di libero mercato, di libera impresa, ma accettato da quelle popolazioni e da quelle culture. Non ce la fanno gli americani, non ce la fanno i tedeschi, non ce la fanno i francesi. Gli italiani lo possono fare se si organizzano e sono seri, possono fare moltissimo e quindi il piano Mattei è una invenzione importante. Bisogna aumentare la dotazione di risorse perché ci sono quattro 5 miliardi che per l'Africa sono pochi. L'Italia non può fare più di quello, bisogna coinvolgere altri partner. Bisogna europeizzare il piano Mattei. Se negli accordi d'Abramo, come spero, troverà spazio anche l'Arabia Saudita, questi accordi cambieranno il panorama del Medio Oriente e rappresenteranno un avanzamento in termini di innovazione, di crescita economica formidabile. Ma questo è un altro capitolo".

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