Genova, il nuovo Carlo Felice compie trent'anni
di Redazione
Due furono gli artefici della rinascita: il petroliere Riccardo Garrone che saldò i debiti dell'Ente lirico e il sovrintendente Francesco Ernani
Il nuovo Carlo Felice compie trent'anni. Strade transennate, traffico bloccato, polizia e carabinieri in assetto di guerra a circondare la zona di De Ferrari. E lì una nutrita schiera di smoking maschili e di eleganti abiti da sera femminili. La serata in assoluto più mondana per Genova negli ultimi trent'anni. Era il 18 ottobre del 1991. E per la prima volta il robusto sipario tagliafuoco del nuovo Carlo Felice realizzato dallo scultore Nerone si alzava sulle note del "Trovatore" verdiano.
Con l'inaugurazione del nuovo Teatro lirico si rimarginava una ferita aperta drammaticamente con i bombardamenti del secondo conflitto mondiale ma aggravata, in maniera incomprensibile, con la decisione, alla fine degli anni Sessanta di abbattere il vecchio, glorioso palcoscenico del Barabino (ancora in attività
con le dovute "riparazioni" effettuate dopo la guerra) per far posto a uno costruito ex novo. Da allora si erano susseguiti progetti (Chessa, Scarpa) e polemiche (Auditorium sì, auditorium no, due palcoscenici, uno ecc.) fino al 1987 anno in cui,
arrivati finalmente alla vittoria di un appalto-concorso (la ditta Valle con il progetto postmoderno di Gardella, Rossi e Sibilla) fu posata la prima pietra.
Quattro anni di lavori per un costo di circa 140 miliardi di lire. Due furono gli artefici della rinascita: il petroliere Riccardo Garrone che saldò i debiti dell'Ente lirico e il sovrintendente Francesco Ernani che costituì una autentica novità per almeno due ragioni, non era genovese (al contrario di tutti i suoi predecessori) e, soprattutto, aveva già ricoperto il ruolo di sovrintendente
altrove.
Da allora, dunque, sono trascorsi trent'anni. Il Carlo Felice li ha attraversati alternando momenti sereni ad altri turbolenti, regalando soddisfazioni al suo pubblico, ma anche serate controverse, facendo i conti con le crisi economiche fra finanziamenti attesi, sovvenzioni saltate, leggi discutibili (i contratti di solidarietà).
Alcuni spettacoli sono impressi nella memoria di tutti: il magnifico ciclo di Britten, il suggestivo "Don Chisciotte" di Massenet, le rappresentazioni di Richard Strauss, di Henze, di Hindemith; e ancora il possente "Don Carlos" con la regia di De Ana o ancora, il "Giulio Cesare" di Haendel. L'elenco potrebbe continuare, così come sarebbe possibile elencare gli spettacoli "mancati", per problemi di cast, bacchette insufficienti, registi incapaci.
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