Genova, teatro: "Il viaggio di Victor" di Bedos, regia di Livermore, in prima assoluta dal 3 al 19 maggio al Modena
di Redazione
Il regista: "Dobbiamo creare un luogo nel nostro tempo per vivere anche l'amore oltre il dolore"
Dopo aver affrontato nelle passate stagioni il grande teatro classico (dall'Orestea a Elena), Davide Livermore chiuderà l'intensa stagione del Teatro Nazionale (30 spettacoli fra quelli prodotti e quelli coprodotti) virando verso il contemporaneo. Al Teatro Modena Alessandro Giglio, presidente del Teatro Nazionale ha presentato lo spettacolo "Il viaggio di Victor" che debutterà in prima assoluta il 3 maggio. Con Giglio c'erano il direttore artistico Davide Livermore, Andrea Porcheddu (dramaturg del Teatro), Monica Capuani (traduttrice, in collegamento), gli attori Linda Gennari e Antonio Zavatteri e per le Istituzioni Jessica Nicolini per la Regione e Vincenzo Falcone per il Comune.
"Il viaggio di Victor" si basa su un testo di Nicolas Bedos, tradotto da Monica Capuani. Livermore (nei prossimi giorni insignito della laurea honoris causa dal Dams dell'università di Torino) ne firma non solo la regia (suo assistente è Carlo Sciaccaluga), ma anche le scene in collaborazione con Lorenzo Russo Rainaldi.
Sul palcoscenico (foto di Federico Pitto) ci saranno appunto Linda Gennari che con Livermore ha già lavorato più volte a partire dallo splendido 'Grounded' in epoca di covid e Antonio Zavatteri che torna al teatro in cui è nato dopo alcuni anni di lontananza, trascorsi in parte sul set televisivo: accanto a loro, Diego Cerami in video. Gli abiti (Livermore ha specificato di non volerli chiamare "costumi") sono di Giorgio Armani.
"Il viaggio di Victor" è la storia di un uomo che ha perso la memoria dopo un incidente d'auto e di una donna che lo assiste. Il dialogo dei due attori si interseca nella lettura di Livermore con una selezione musicale che coinvolge autori diversi, da Johann Sebastian Bach a Arvo Pärt.
"Il nostro lavoro - spiega Livermore - è nato da una profonda riflessione con Porcheddu. Come far rientrare l'esperienza classica nella drammaturgia contemporanea. Il testo di Bedos è un grande requiem: non diciamo di chi per non togliere la sorpresa allo spettatore. Leggo il testo dell'autore francese come un lungo compianto. Il covid ci ha purtroppo fatto capire che è possibile morire da soli. E questo ci fa sentire la responsabilità di accompagnare le anime dall'altra parte. In una delle tante sedute spiritiche cui assistette Victor Hugo, un'anima manifestatasi disse che a chi resta, resta il dolore, a chi parte resta l'amore. Ecco per questo amore serve uno spazio di comunicazione. Noi che restiamo dobbiamo creare un luogo nel nostro tempo per vivere anche l'amore oltre il dolore".
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