Genova, via del Campo c'è Gigi Riva. Quando "Rombo di tuono" visitò i luoghi cantati da Faber
di Giampiero Timossi
Era il 28 aprile del 2004. L'intervista fu realizzata per Il Secolo XIX dal direttore di Telenord
Genova Via del Campo, c'è Gigi Riva. Gli occhi piccoli, nascosti dietro lenti affumicate. "A Genova negli anni Sessanta ero di casa. L'ho ritrovata ancora più bella, con un centro storico vivibile, rigenerato. Un esempio anche per Cagliari", racconta il bomber che da anni accompagna la Nazionale in giro per il mondo. Ma che fa Rombo di Tuono? Già parla da politico? Non è una novità, mezza Sardegna (e pure qualcosa di più) lo vorrebbe candidato alle prossime regionali. "E' vero, mi ha chiamato Berlusconi, mi ha fatto molto piacere, ma non ho ancora preso decisioni. Voglio riflettere attentamente". Risposta attesa per domani, proprio al termine di Italia-Spagna. C'è la possibilità forte che Riva si candidi nel listino del centro-destra. Ma è pur vero che altri lo indicano tra i favoriti per un possibile passaggio di consegne con Franco Carraro, al vertice della Federcalcio.
Non resta che attendere, intanto lui guarda e annusa Genova. Fa un salto alla mostra di Rubens. Poi dribbla il protocollo, lascia da parte qualsiasi impegno ufficiale e corre in via del Campo. "Sono qui perché Fabrizio De André era un mio amico. La prima volta ci incontrammo a casa sua, a Genova. Ci vollero tre whisky a testa per iniziare a parlare. Fatti così, gente di poche parole, caratteri simili. Non ci vedevamo spesso, ma ogni volta era una festa". In via del Campo, Riva va pure perché gli hanno detto che "c'è un museo", ma invece un museo non c'è. C'è il negozio di Gianni Tassio, che è meglio di un museo. E' la Graceland di Fabrizio De Andrè. Meno lustrini, più poesia. E' un negozio dove si vendono (anche) dischi e dove Faber vive, nelle sue canzoni, nella sue puttane. "In cinque anni non ho chiuso un giorno, neppure durante il G8", racconta Tassio. Poi rivela: "Quella che Fabrizio cantava in via del Campo era la Francesina. A Fabrizio devo tutto. Ho ereditato questo negozio per merito suo, io ero un semplice commesso. Fabrizio disse al proprietario: "Dài, il negozio lascialo a Gianni". Già, ma perché? "Perché u l'è un figgiu de 'na bagascia"".
Questo era De Andrè. Riva se la ride, sotto gli occhiali da sole Mont Blanc. Poi imbraccia la Esteve 97 di Faber, abbozza qualche accordo: "Meglio lasciar stare. Anch'io, a casa, ho una chitarra di De Andrè. Me la regalò lui, in cambio volle una mia maglia del Cagliari. Amava molto la Sardegna e ha continuato ad amarla anche dopo quello che gli era capitato. Ed è rimasto a vivere in un luogo splendido". Il cantautore era rimasto a Tempo Pausania anche dopo il sequestro. "Lui amava la Sardegna, un po' come io amo Genova - racconta Riva - Anche se qui il mio primo ricordo resta terribile. Credo fosse il 1963, un volo Milano-Genova-Alghero". Un atterraggio al Cristoforo Colombo? "Terribile, appunto. L'aereo che scendeva, scendeva ancora, ma si vedeva solo il mare. Solo quando è apparsa la pista ho tirato un sospiro di sollievo. Qui eravamo di casa, era una tappa obbligata per chi era stato spedito a giocare in Sardegna. A Genova avevo amici come Manara e Ferrari, ricordo il mare, l'odore dei vicoli, certi ristorantini con un pesce fantastico". Da Pintori, ristorante sardo di via San Bernardo, hanno ancora una foto appesa alle pareti. Foto in bianco e nero, bomber con capelli neri.
Invece qui, tra le pareti della casa di Faber trovi un vecchio prezziario: semplice 1,30; doppia 2.50; un quarto d'ora 3,10. Il bomber osserva tutto, con la passione di un fan dai capelli grigi. Due ragazzi sardi chiedono l'autografo. "C'è Riva", urla una signora dalla finestra e la sua voce riempie piazzetta del Campo. Una stretta di mano con Antonio Piccione, che mostra la sua tessera di ex giocatore del Genoa e una tempra da ragazzino. Rombo di Tuono se ne va, oggi lo aspetta la Nazionale, domani (forse) una poltrona in Sardegna. Ma prima lascia un suo ricordo a Genova. "Ciao Fabrizio", firmato Gigi Riva. Lo scrive sul libro delle dediche. La sua firma è la prima di un registro nuovo di zecca. Che numero ha? Naturalmente il numero 11.
Giampiero Timossi
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