“La promessa della felicità”, Federico Sirianni e la colonna sonora di un viaggio interiore senza fine
di Emilie Lara Mougenot
Durante un incontro intimo con il pubblico, il cantautore genovese ha raccontato com’è nato il suo nuovo album: un disco che affronta una delle sfide più sottili e universali dell’esistenza
Un palco minimale, solo voce e chitarra. Intorno, l’atmosfera ovattata dell’atelier del liutaio Paolo Sussone, dove ogni suono sembra avere un tempo e un peso diversi. È in questo spazio raccolto che Federico Sirianni ha presentato La promessa della felicità, il suo nuovo lavoro discografico, nato da un lungo viaggio – fisico, ma soprattutto interiore.
“È tutto un percorso” – Sirianni non lo nasconde: il disco nasce da una ricerca personale che ha preso forma nell’arco di diversi anni. Un cammino fatto di parole, silenzi, letture, dubbi. E domande: cosa significa essere felici? Esiste una felicità autentica, che davvero ci somigli? «Trovare una condizione che ti assomigli non è facile», riflette, «e penso che molta dell’infelicità che ci circonda venga proprio dal vivere vite che non ci appartengono», sottolineando come la sofferenza e l’aggressività diffusa siano spesso il frutto di questa disconnessione interiore.
Sì, viaggiare – Il tema del viaggio, ricorrente nei suoi brani, non è mai soltanto geografico. È il movimento verso una consapevolezza più profonda, che non ha certezze da offrire, ma presenza, lucidità, forse persino sollievo. «Negli ultimi tre o quattro anni ho affrontato un percorso importante», racconta, chiarendo però che non si tratta di qualcosa di esclusivo: «Penso che questa esperienza possa essere condivisa».
Sirianni, Rumi e gli altri – A sostenere il racconto, oltre ai suoi testi, ci sono anche voci che attraversano i secoli. Su tutte quella di Rumi, il poeta mistico persiano del XIII secolo, le cui parole aprono spiragli in molte tracce del disco. E poi l’Oriente, con la sua poesia capace di far convivere bellezza e impermanenza. Sirianni racconta di aver trovato in quei versi un modo per attraversare il proprio presente.
Okinawa e la promessa – Una delle canzoni dell’album, Okinawa, prende ispirazione dall’omonima isola giapponese, famosa per l’alta concentrazione di ultracentenari. Una longevità che, secondo alcune ricerche, sarebbe legata anche alla pratica quotidiana della felicità. «Per noi occidentali è quasi un miraggio», ammette, «ma anche solo il tentativo di raggiungerla ci fa crescere».
La rivoluzione – Il concerto, pensato nella forma più essenziale possibile, è stato anche un modo per riscoprire l’impatto diretto della musica, senza barriere. «Quando sei così vicino al pubblico, percepisci subito cosa provano, cosa ti restituiscono», ha detto. E poi un’idea che ritorna spesso nelle sue parole: la gentilezza, che definisce “rivoluzionaria”. «Credo sia il modo migliore di fare la guerra», afferma sorridendo.
Fioritura e dolore – Il cuore del disco, forse, si racchiude in una frase che Sirianni non ha cantato quella sera, ma che sente profondamente sua: «C’è un mondo di dolore che non si può quietare, eppure i ciliegi sono in fiore». Una verità che attraversa tutto il progetto: il dolore non sparisce, ma può convivere con la bellezza. E forse è proprio lì che nasce, fragile e potente, la promessa della felicità.
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