Liguria, segnale di Tajani ai fuoriusciti dal PD: "Forza Italia apre le porte ai moderati democratici"
di Stefano Rissetto
Orfini avverte la Schlein: "Di fronte a ogni addio, oltre al dispiacere personale, penso ci si debba interrogare sulle ragioni di un disagio"
Il segretario reggente di Forza Italia Antonio Tajani - custode dell'eredità politica di Berlusconi, vicepresidente del Consiglio in quota azzurra e ministro degli Esteri - lancia un segnale ai fuoriusciti dal PD, che in Liguria sono 31, guidati da esponenti di primo piano come Pippo Rossetti, già assessore regionale, e Cristina Lodi capo di fatto dell'opposizione in consiglio comunale a Genova, entrambi passati ad "Azione" di Carlo Calenda.
A Tajani, che guida un partito per un trentennio coinciso con la figura del fondatore e quindi oggi in cerca sia di collocazione che di elettorato, non è sfuggita la diaspora dal PD di dirigenti nazionali come Beppe Fioroni ed Enrico Borghi, delusi dalla svolta radicale e movimentista impressa al Pd da Elly Schlein, eletta segretario nella fase "aperta" delle primarie dopo che il voto degli iscritti al partito aveva premiato Stefano Bonaccini. Ultimo caso, che dà lo spunto all'ex capo della redazione romana del "Giornale" per lanciare un segnale ai democratici non più a loro agio nel partito della Schlein, è l'uscita di Caterina Chinnici, magistrato ed europarlamentare eletta nel PD, figlia del giudice istruttore Rocco ucciso dalla mafia con un'autobomba il 29 luglio 1983, passata al gruppo di Forza Italia a Strasburgo.
"Caterina Chinnici è l'emblema di quell'anima moderata cattolica che non si riconosce in quella linea politica. Noi guardiamo a quell'elettorato, oggi siamo pronti ad aprire le nostre porte a chi volesse partecipare alla costruzione di questa che è la dimora di chi vuole creare, per dirla con Battiato, 'un centro di gravità permanente'. Non è il centro e basta come uno slogan. Noi vogliamo essere forti, non violenti, non si deve confondere un atteggiamento costruttivo, affidabile, serio, con la debolezza". Così Tajani a chi gli ha chiesto, a margine della kermesse dei giovani di FI in corso a Gaeta, un commento alle polemiche interne ai dem dopo le parole della segretaria Elly Schlein sui fuoriusciti.
All'interno del Pd c'è comunque preoccupazione per la diaspora. Un esponente nazionale di peso come il deputato Matteo Orfini sostiene: "Comunque la si pensi, andare via dal Pd in questo momento - dice al QN - è un errore. Siamo la forza principale per costruire l'opposizione alla destra: non serve indebolire questa battaglia. Dopodiché, di fronte a ogni addio, oltre al dispiacere personale, penso ci si debba interrogare sulle ragioni di un disagio. Penso che il Pd, oggi come ieri, sia un luogo dove ci si può sentire a casa propria sia da maggioranza che da minoranza".
"È dovere di chi resta e dirige il Pd cercare di capire il disagio ed evitare che queste cose si ripetano. Bisogna stare attenti a non dare l'idea di considerarlo fisiologico", sottolinea Orfini. La discussione sul paventato referendum sul Jobs Act può aver esacerbato gli animi? "Stiamo parlando di una cosa che non esiste: non c'è un quesito né una raccolta di firme. Esiste invece un governo di destra a cui fare l'opposizione per mille ragioni - risponde Orfini -. Impegnerei il partito a costruire l'alternativa alla destra. Sennò rischiamo di non essere dove i cittadini vogliono trovarci. Ogni volta il governo fa una torsione populista e reazionaria: pensiamo al decreto Caivano. Invece di discutere di cose che non esistono, dovremmo costruire queste battaglie".
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