Morte di Camilla Canepa, tutti prosciolti i medici coinvolti nel caso
di E.L.M
Archiviata l’accusa di omicidio colposo: secondo il giudice il fatto non sussiste e la condotta non configura reato

Si è chiusa con un’assoluzione piena per tutti gli indagati l’inchiesta sulla morte di Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante deceduta nel giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid AstraZeneca. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Genova ha prosciolto i cinque medici coinvolti, ritenendo insussistente l’ipotesi di omicidio colposo e non configurabile il reato di falso ideologico.
Esito giudiziario – La decisione è stata presa dal gup Carla Pastorini, che ha accolto le richieste delle difese, dichiarando il non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste” in merito all’accusa di omicidio colposo. Per quanto riguarda invece il falso ideologico, contestato a tutti i medici per non aver registrato nei documenti clinici l’avvenuta vaccinazione della paziente, il giudice ha stabilito che “non costituisce reato”.
Contesto medico – Camilla Canepa era stata vaccinata durante un open day e, pochi giorni dopo, era stata ricoverata all’ospedale San Martino di Genova, dove morì il 10 giugno 2021. L’autopsia, svolta successivamente, aveva evidenziato che la giovane non soffriva di patologie pregresse e non assumeva farmaci, e che la causa della morte era una trombosi riconducibile “ragionevolmente” a una reazione avversa al vaccino.
Ipotesi dell’accusa – Secondo la procura, quattro dei cinque medici avrebbero omesso di eseguire gli accertamenti diagnostici richiesti dai protocolli regionali per la gestione della sindrome Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia), patologia rara ma nota tra quelle correlate al vaccino. L’accusa sosteneva che una diagnosi corretta e tempestiva avrebbe potuto cambiare l’esito clinico.
Difese e proscioglimento – I professionisti coinvolti, difesi dagli avvocati Paolo Costa, Stefano Savi, Alessandro Torri, Alberto Caselli Lapeschi e Maria Antonietta Lamazza, hanno sempre respinto ogni addebito, evidenziando la complessità del quadro clinico e l’assenza di responsabilità specifiche nei confronti della paziente.
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