Ponte Morandi, il pm: "Chi doveva dare l'ok per la manutenzione, fu fatto passare per morto"
di Marco Innocenti
Per lavori così importanti si richiede la validazione del progettista originario: Donferri - secondo l'accusa - disse che Pisani, allievo di Morandi, era morto
Michele Donferri Mitelli, l'ex numero tre di Aspi, "era di fatto l'esecutore materiale della filosofia dell'ex amministratore Giovanni Castellucci" e cioè quella del risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci. E' quanto affermato dal pubblico ministero Massimo Terrile che insieme al collega Walter Cotugno sta illustrando, nell'udienza preliminare, i motivi per cui chiederà il rinvio a giudizio dei 59 imputati, oltre alle due società Aspi e Spea, per il crollo del ponte Morandi.
Donferri "fece passare per morto - ha continuato il pm - chi doveva validare il progetto di retrofitting [i lavori di rinforzo delle pile 9 e 10 ma che non vennero mai eseguiti perché il viadotto crollò prima, ndr] in una mail mandata al dirigente del ministero delle Infrastrutture che chiedeva chi fosse l'ingegnere che doveva validare il lavoro". Il riferimento è all'ingegnere Francesco Pisani, allievo di Riccardo Morandi e progettista dei lavori di rinforzo della pila 11 fatti negli anni '90. Pisani venne incaricato di fare un progetto nel 2010 per le altre due pile, ma non se ne fece più nulla. Secondo l'accusa, Donferri preferì un ingegnere neolaureato che "rispondesse ai suoi ordini".
Il pubblico ministero ha ricordato che esiste una prassi ingegneristica per cui quando si fa un intervento su un'opera importante ci deve essere validazione del progettista originario. Nel caso del viadotto crollato l'ingegnere Morandi era morto e restava il collega Pisani. Ma Donferri, ha spiegato il pm, "disse che anche quest'ultimo era morto e dunque non poteva validare il progetto".
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