Processo Morandi, Autostrade contro la perizia del tribunale. Entro fine mese parla Castellucci
di Emilie Lara Mougenot
L’ingegnere Andrea Del Grosso, consulente della difesa, critica il lavoro dei periti e difende la conformità degli stralli al progetto originale

Prosegue il dibattito sulle perizie tecniche nel processo per il crollo del Ponte Morandi. Questa mattina, nell’aula del tribunale, l’ingegnere Andrea Del Grosso, consulente di Aspi, ha contestato la relazione presentata dagli esperti nominati dal giudice, tra cui Losa, Rosati e Valentini. Secondo Del Grosso, il documento contiene errori metodologici, ignora documenti fondamentali e si basa su ipotesi prive di fondamento tecnico-scientifico.
Critiche alla perizia – La posizione dei consulenti di Aspi era già stata formalizzata il 12 gennaio 2025, con una nota di dissenso sulla bozza della perizia depositata il 16 dicembre 2024. Secondo la difesa, il lavoro degli esperti sarebbe viziato da un evidente “bias retrospettivo”, ovvero un’analisi condizionata dall’esito noto del disastro. Inoltre, sarebbero stati trascurati documenti ufficiali già presenti negli atti del procedimento. La difesa contesta l’idea che i difetti dello strallo della pila 9 fossero noti o rilevabili prima del crollo. “Non ci sono fenomeni di corrosione rilevanti lungo tutto lo sviluppo dello strallo”, ha dichiarato Del Grosso, aggiungendo che il deterioramento dei cavi primari era “estremamente localizzato” e non individuabile con le tecnologie disponibili all’epoca.
Castellucci - Si avvicina, intanto, uno dei momenti più attesi del processo per il crollo del Ponte Morandi. Entro la fine di marzo, Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Aspi e principale imputato, dovrebbe rilasciare dichiarazioni spontanee. L’annuncio del suo intervento era stato fatto quasi un anno fa e ora la conferma arriva dalle aule del tribunale. L’ex AD ha seguito la deposizione dell’ingegnere Andrea Del Grosso, primo dei consulenti tecnici nominati dai legali di Aspi per rispondere alla perizia integrativa disposta dal tribunale. Secondo la difesa, i periti del tribunale avrebbero basato le loro conclusioni su un pregiudizio retrospettivo, assumendo che i difetti del viadotto fossero noti in anticipo, mentre per Aspi non erano mai stati segnalati né rilevabili.
Altre vicende giudiziarie – Oltre al processo per il crollo del Ponte Morandi, Giovanni Castellucci è coinvolto in un’altra vicenda giudiziaria legata alla tragedia del viadotto di Acqualonga, avvenuta il 28 luglio 2013 lungo l’autostrada A16 Napoli-Canosa, nei pressi di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. In quell’incidente, un autobus turistico con a bordo 48 persone precipitò da un viadotto dopo aver sfondato il guardrail, provocando la morte di 40 passeggeri. Secondo l’accusa, il disastro fu causato da una combinazione di guasti meccanici e gravi carenze nella manutenzione delle barriere di protezione stradale, che non riuscirono a contenere il mezzo. Castellucci, all’epoca amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, era stato condannato in appello a sei anni di reclusione con l’accusa di omesso controllo sulla sicurezza delle infrastrutture. I giudici avevano ritenuto che le barriere laterali del viadotto fossero obsolete e inadeguate a garantire la sicurezza degli automobilisti, e che Aspi non avesse effettuato interventi di manutenzione adeguati. Ora la Corte di Cassazione dovrà decidere il 1° aprile se confermare la condanna o annullarla. Se la sentenza d’appello sarà confermata, Castellucci dovrà scontare la pena in carcere. Questa vicenda si intreccia con il processo per il crollo del Ponte Morandi, dove l’ex dirigente è tra i principali imputati per la tragedia del 14 agosto 2018, in cui persero la vita 43 persone. Anche in questo caso, la Procura accusa i vertici di Autostrade di aver trascurato la manutenzione dell’infrastruttura, ignorando segnali di degrado che avrebbero potuto evitare il disastro.
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