Radura della Memoria, il premier Conte: "Il vostro dolore è il nostro"
di Giulia Cassini
Il presidente del Consiglio rimarca l'importanza degli impegni assunti e la volontà di andare fino in fondo con l'accertamento della verità
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Attimi intensi nella mattinata del 14 agosto, con le parole misurate delle istituzioni. All'inizio il filmato commemorativo, un nastro unico di immagini su chi in quegli attimi ha perso la vita spezzando famiglie intere. Il dolore comune, la vicinanza con i familiari delle vittime, la responsabilità per il futuro, la fisicità della presenza della gente attorno toccano da vicino il premier Giuseppe Conte.
Appena arrivato ha parlato con il sindaco Marco Bucci, commissario straordinario per la ricostruzione, con il prefetto e il ministro delle infrastrutture Paola de Micheli poi si è fermato in raccoglimento davanti alle numerose corone di fiori per rinnovare poi nelle sue parole diversi concetti già espressi in precedenza, con un evidente rafforzamento.
In mezzo al dolore della gente di Certosa, di Genova, e di tutta l'Italia afferma: "Saluto con calore i familiari, le amministrazioni, tutte le autorità civili e religiose, gli ospiti. Siamo qui a distanza di qualche giorno dall'inaugurazione del Ponte San Giorgio per colmare la frattura che si era creata in città e con l'occasione abbiamo approfondito la simbologia sulle 43 vittime. Non potremo mai dimenticarlo. Tanto più a distanza di due anni dalla tragedia. Ho vissuto il lavoro febbrile delle squadre di soccorso, l'angoscia, la triste consapevolezza che cresceva mista alla speranza di poter recuperare qualche vita e ricordo ancora piazza De Ferrari gremita in un grande momento collettivo dove si chiedeva che Genova non fosse lasciata sola e che fosse assicurata giustizia. Oggi ci ritroviamo, ma non è una semplice cerimonia del ricordo. Commemorare significa anche recuperare quegli impegni. La politica quando promette rischia di creare delle illusioni. Io già allora mi sono assunto una responsabilità e abbiamo creato le premesse per proseguire, staimo lavorando con tutta la comunità genovese perché possa rinascere. Continueremo a farlo. Poi c'è stato l'altro impegno, quello di non lasciare soli i familiari della vittime nell'accertamento delle verità processuali e delle precise responsabilità di questo crollo. Il vostro dolore è il nostro. Vogliamo rassicurarvi sul fatto che questa esperienza non rimarrà confinata, vi sosterremo anche nel vostro sforzo di coltivare una memoria collettiva".
Dall'altro lato ci sono i familiari con un vulnus difficilmente rimarginabile. Per Giuseppe Altadonna, padre di Luigi morto nel suo furgone al crollo del Morandi, questo è lo stato d'animo: "Mischio rabbia e tristezza perché non doveva succedere, era una strage annunciata, perciò c'è tanta rabbia. Ci passo tutti i giorni qui purtroppo perché abito in questa zona, sopra al nuovo ponte non ci andrò mai, sotto ci passo tutti i giorni, sopra no, da lì è volato mio figlio e non credo che ci andrò mai. È una giornata di memoria, niente di più, in un luogo che è un cimitero. Io sono sempre fermo alle 11:36 di due anni fa".
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