Fisioterapia in Liguria, Di Cosmo: “Indispensabile una riforma sanitaria”
di Anna Li Vigni
È necessario anche ridurre i tempi di attesa tra interventi chirurgici e riabilitazione
Intervista al dottor Rocco di Cosmo, fisioterapista.
La fisioterapia ha avuto un evoluzione circa 20 anni fa, con la riforma universitaria che ha portato il fisioterapista ad essere sempre più autonomo con la qualifica di dottore e specializzato a fronte dei 33 esami nella facoltà di Medicina. C'è da dire che da allora non si è più evoluta, oggi è diventata obsoleta e necessita di una ulteriore riforma affinché i fisioterapisti accrescano il proprio bagaglio formativo a fronte delle notevoli responsabilità appena usciti dall'Università.
C'è bisogno di una riforma sanitaria regionale indispensabile.
I livelli essenziali di assistenza sono dei criteri che ciascuna regione determina ed offre, affinché il paziente abbia un livello adeguato di assistenza garantito pagabile con il ticket.
Dal mio punto di vista questi servizi vanno migliorati ed integrati anche mediante questionari di soddisfazione da offrire agli utenti.
La Liguria non è da meno nel richiedere livelli di assistenza qualificati.
Stiamo parlando del rapporto sanità pubblica e convenzionata e pazienti, che deve posizionare il paziente al centro dei servizi offerti e non considerarlo come centro di costo.
Quali sono i rapporti dei fisioterapisti con i medici?
Questo era un caposaldo dell'associazionismo professionale ed è sempre stato un campo di battaglia. Poi ci siamo rassegnati come categoria ed abbiamo coltivato il nostro orticello lavorativo. Il medico, sia di medicina generale, che specialista dovrà considerare sempre di più il nostro ruolo nel progetto riabilitativo e devo dire che lo stanno facendo perché si utilizzano criteri valutativi basati sui dati reali, sui risultati e sulla soddisfazione dei pazienti.
Forse in modo un po’ presuntuoso, ai miei pazienti dico sempre che dopo un intervento chirurgico, il ritorno alle funzioni normali di vita quotidiana, dove ciò è possibile, è direttamente proporzionale alla velocità di presa in carico dei servizi di riabilitazione.
Quindi l'intervento chirurgico rappresenta solo il 50% della ripresa funzionale del soggetto operato. L’intervento fisioterapico dovrà essere mirato e anche veloce, cioè dal tempo in cui finisce l'operazione, al tempo della riabilitazione deve passare poco tempo e ad oggi questo non succede sempre. Credo che il medico abbia compreso questo aspetto e sempre di più si rivolge a noi fisioterapisti con fiducia.
Venti anni fa c'erano dei limiti nella Fisioterapia, la responsabilità professionale di quello che facevamo era sia del medico di famiglia che dello specialista , oggi non è più così,la formazione, la titolarità e le competenze del fisioterapista sono cresciute, ma non è sufficiente.
Negli ultimi anni il passaggio dalla patologia alla fisioterapia si sta sempre più riducendo, ma deve aumentare la qualità e gli strumenti a nostra disposizione dovrebbero considerare sempre di più il panorama mondiale dove in questo campo ci sono Paesi molto più avanti. Purtroppo l'utente, paziente, ricorre sempre di più a una fisioterapia privata, perchè la fisioterapia pubblica è satura.
Come diceva Lei dottore, bisogna accorciare i tempi di attesa tra gli interventi chirurgici e la riabilitazione.
E' fondamentale e c'è una differenza importantissima proporzionata al tempo di attesa dall'evento patologico alla fisioterapia, proporzionata nella efficacia o meno della fisioterapia, più veloce è l'accesso al fisioterapista dopo l'evento patologico e migliore è il risultato.
Molti fisioterapisti lavorano all’estero?
Questa purtroppo è una caratteristica degli ultimi anni, sempre di più non solo i pazienti emigrano all'estero per ricevere cure riabilitative e questo non per diffidenza nei confronti del fisioterapista italiano, ma proprio per le lungaggini che ho già descritto, ma anche il fisioterapista stesso predilige lavorare all'estero, probabilmente sia per una carenza formativa che un’inadeguatezza contrattuale ancora presente, sia per un’autonomia professionale limitata sia per la carenza di tecnologia a nostra disposizione.
Quali sono le sue proposte?
Le mie proposte sono macroscopiche, credo che nell'idea di ogni fisioterapista italiano ci sia la richiesta di una revisione della riforma sanitaria in ambito riabilitativo, da un lato è vero che abbiamo acquisito autonomia professionale ed è migliorata l'attività formativa universitaria dall’altro lato però risulta ancora insufficiente e l'ideale sarebbe aumentare gli anni universitari di formazione affinchè si aumentino anche le ore di tirocinio specifico e il fisioterapista terminando gli anni di studio possa essere in grado di lavorare al 100% in completa autonomia. Oggi invece si ha sempre di più la necessità di fare dei percorsi formativi privati e/o paralleli all'università.
E anche un integrazione con i colleghi europei...
Esatto, i colleghi europei e statunitensi, brasiliani, canadesi, australiani... sono molto avanti a livello tecnologico e a livello di praticità. L'Italia ha delle nicchie di eccellenza molto importanti, l'ideale sarebbe che queste nicchie fossero divulgate ad altre realtà, ad esempio alla formazione dei fisioterapisti non soltanto del Sud Italia ma anche di molte realtà del Nord, ma che richiederebbe una riforma specifica anche contrattuale di omogeneità in ambito lavorativo.
E' necessario anche un incentivo sulla ricerca?
Sì, oggi la ricerca è sempre più rivolta alle iniziative personali dei fisioterapisti in Italia. Ci sono già dei ricercatori in fisioterapia e riabilitazione, soprattutto riguardante delle metodiche e tecniche particolari in ambito neurologico, ma è ancora troppo poco. C'è un mondo sulle tecnologie e ausili in riabilitazione che deve essere ancora divulgato, la robotica non deve mirare a sostituire il fisioterapista ma lo aiuta e merita un attenzione particolare da parte del fisioterapista Italiano perché gli altri paesi europei da questo punto di vista sono più avanti.
Quali sarebbero i benefici che arriverebbero al paziente?
Il paziente, oggi, ha delle necessità maggiori, richiede più assistenza e attenzioni particolari. Spesso purtroppo non conosce le potenzialità delle cure che sarebbero a sua disposizione se sono attuabili. Non è dato al paziente conoscere le evoluzioni più recenti in ambito riabilitativo e credo che sia sempre più rassegnato alla propria condizione.
Il fisioterapista quando si confronta con questi pazienti, e si trova in realtà più marginate non dico che sia frustrato dal non poter attuare determinate cose che ha studiato, ma mira alle poche eccellenze in Italia dove l'attenzione al paziente, soprattutto pazienti neurologici gravi, pazienti con la sclerosi multipla, con la sla, con esiti da ictus, mielolesioni, paralisi cerebrali infantili, sportivi, anziani ecc., sia a domicilio attraverso dei Livelli essenziali di assistenza evoluti e sia in questi centri d'eccellenza i pazienti sono molto accuditi.
Bisogna aumentare il numero di questi centri di eccellenza e renderli capillari sul territorio per aumentare e migliorare il livello di assistenza riabilitativa.
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