Scambio di accuse via lettera e sui social tra la ragazza vittima del presunto stupro e Portanova
di Redazione
La studentessa: "Vogliono affossarmi". Il calciatore: "Sei in cerca di mediaticità"
Accuse, contro accuse, lettere, post sui social. Non si consuma solo in Tribunale la vicenda del presunto stupro di gruppo che tra gli altri il giocatore del Genoa, Manolo Portanova, avrebbe commesso ai danni di una studentessa a Siena. I due protagonisti principali di questa brutta vicenda (per la quale Portanova ha già ricevuto una condanna in primo grado ed è in attesa del processo di appello) continuano a
"Oltre a ciò che ho dovuto subire nella notte fra il 30 e il 31 maggio 2021, mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e di mettermi in cattiva luce. Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti. Non sono stata io a voler dare clamore a questa orribile vicenda. Però il fatto sta nel voler portare alla luce la verità". E' quanto scrive, in una lettera inviata a La Nazione, la studentessa 22enne che ha denunciato di essere stata vittima di una violenza sessuale di gruppo a Siena, vicenda per la quale il calciatore Manolo Portanova è stato condannato in primo grado a 6 anni di reclusione insieme a suo zio Alessio Langella.
Per la stessa accusa si è aperto in questi giorni il processo a un loro amico, Alessandro Cappiello mentre per un quarto accusato procede la magistratura minorile. "Sono qua oggi, per rispondere ad una conferenza stampa da poco tenuta, per rispondere a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all'esito di un primo grado di giudizio", spiega la 22enne, riferendosi alla conferenza stampa tenuta da Portanova il 10 marzo per raccontare la 'sua' versione dei fatti, dopo la lettura delle motivazioni di condanna.
"Negli ultimi anni - scrive la ragazza nell'apertura della sua lettera - ho scoperto di avere tanti nomignoli: Chiara, Sara, Claudia, Marta, 'quella di Portanova', 'sicuramente una poco di buono', 'la stuprata' e chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di scrivere, una scelta un po' tarda potreste pensare ... ma sapete, non è mai facile esprimere se stessi e il proprio dolore quando si è in mezzo ad una burrasca giudiziaria". Fra le carte messe sul tavolo dalla difesa di Portanova c'è anche il racconto della 22enne alla psicologa, che si è rivelato copiato da quello di una giovane violentata negli Usa nel 2015. "Credete davvero" scrive ora la studentessa, che il tribunale "avrebbe dovuto assolvervi perché, mesi dopo i fatti, ho fatto mie le parole della lettera scritta da una ragazza americana violentata da un atleta? Delle tante che ho scritto alla psicologa, si tratta dell'unica lettera non interamente mia, una lettera a me a cuore perché in quella ragazza ho rivisto me stessa", "lo stesso dolore e ho voluto riportarlo all'interno di un mio scritto quando ancora non trovavo parole mie per esprimere l'orrore che vivevo. Non era certo un segreto, quella lettera famosa: ne hanno discusso in tribunale i miei avvocati e il giudice ne ha tenuto conto".
Questa mattina ho avuto modo di leggere per mezzo stampa una lettera firmata dalla controparte, non c'è nulla di male nell'ammettere "di aver copiato il dolore", non c'è nulla di male nel non dirlo". Inizia così un post del calciatore Manolo Portanova, condannato per stupro, dopo la lettera della ragazza che lo accusa di violenza sessuale di gruppo. "Ammesso e concesso che il dolore di una persona possa essere similare a quello di un'altra tanto da 'prenderne in prestito' le parole ai fini di una deposizione - prosegue il calciatore - non riesco a comprendere il motivo per cui non si è mai fatto cenno alla vicenda della ragazza americana fin quando il mio legale, attraverso un lavoro scrupoloso e attento, ha smascherato questa abile opera di copiatura. Ciò detto, mi sorgono dei dubbi, anche legittimi: se non si fosse effettuato un lavoro così accurato si sarebbe mai pervenuti ad associare la versione con quella della reale vittima americana?".
"Hanno usato tanti nomi per tutelarti - conclude Portanova - ma le tue storie sui social son sembrate subito esplicite, non per il like, non per le condivisioni, semplicemente perché in un momento come questo la tua priorità è stata quella di farti dei selfie inquadrando il bracciale dell'ospedale e associandolo ai giornali che scrivevano il mio nome. È tutto normale, chiunque avesse voluto evitare la mediaticità si sarebbe comportato esattamente così".
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