Sanremo, assolto il vigile che timbrava in mutande
di Redazione
Dopo aver timbrato tornava a casa. I fatti risalgono al 2015 e coinvolgono altri "furbetti del cartellino"
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Alberto Muraglia, il 'vigile in mutande' che timbrava il cartellino e tornava a casa all'interno del Comune di Sanremo, finito sotto inchiesta nell'indagine della Gdf sui furbetti del cartellino, è stato assolto con rito abbreviato durante l'udienza preliminare. Lo stesso procedimento si è chiuso con 10 assoluzioni, 16 rinvii a giudizio e altrettanti patteggiamenti. Tra le accuse quella di truffa ai danni dello Stato.
I fatti che videro coinvolto Muraglia risalgono al 2015 e all'epoca entrarono con prepotenza tanto nel dibattito pubblico che in quello politico. L'allora premier Matteo Renzi aveva dichiarato: "Questa è gente da licenziare in 48 ore. E' una questione di dignità". Ora, grazie all'assoluzione, per Muraglia e gli altri potrebbe aprirsi la strada del reintegro.
È grazie a una disposizione del comandante della polizia locale, secondo cui il custode doveva timbrare dopo aver aperto il mercato e in abiti borghesi, che Alberto Muraglia, immortalato mentre timbra la presenza in mutande, è stato assolto dal gup Paolo Luppi "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di truffa ai danni dello Stato. Il suo difensore, l'avvocato Alessandro Moroni spiega che Muraglia, nominato custode del mercato ortofrutticolo, si svegliava alle 5.30 per aprire i cancelli e prendeva servizio alle 6. Un compito che svolgeva in cambio dell'alloggio a titolo gratuito nello stabile del mercato. Dopo aver aperto i cancelli, Muraglia guardava che non ci fossero auto parcheggiate male che potessero impedire l'installazione dei banchi. Quindi, timbrava, sempre in abiti borghesi - nella timbratrice del mercato, a pochi metri dalla porta di casa - e rientrava in alloggio per indossare la divisa. "E' come avviene per tutti gli agenti che devono prendere servizio - dice Moroni - che entrano, timbrano in borghese, poi si cambiano". In quattro occasioni Muraglia sale in casa, dopo aver aperto il mercato e si cambia, ma dimentica di timbrare il cartellino. Per questo motivo, è sceso alla timbratrice in mutande o ha mandato la figlia a timbrare, perché così è disposto, in quanto l'atto di vestire la divisa è considerato orario di lavoro. "Anzi - dice Moroni -, in quei casi è più facile che abbia regalato quaranta secondi, anziché averne sottratti allo Stato".
"Andate aff..., mi avete rovinato la vita", ha gridato una donna uscita dall'aula udienze dopo la lettura del dispositivo di assoluzione nei suoi confronti. "Una decisione assolutamente corretta e in linea con le risultanze del procedimento, per cui non mi stupisce affatto", ha detto Alessandro Mager, uno degli avvocati del collegio difensivo. Per l'avvocato Alessandro Moroni "è il momento di spegnere i riflettori e lasciare che questa vicenda torni a essere come tutti gli altri processi. Il vaglio di questi filmati ha detto che erano innocenti". Per il sostituto procuratore Grazia Pradella "L'impianto accusatorio vede una sostanziale conferma in sedici patteggiamenti e altrettanti rinvii a giudizio. Per quanto riguarda gli abbreviati leggeremo con attenzione le motivazioni e decideremo il da farsi anche perché su queste posizioni vi erano prove che la procura ha considerato importanti e di spessore. Valuteremo con estrema serietà, così come con estrema serietà sono state considerate le prove fotografiche e documentali". La data di inizio del processo, per chi ha scelto il rito ordinario, è stata fissata al prossimo 8 giugno.
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