Ciclismo, il chiavarese Raccagni Noviero attacca: "Percorso mondiale Zurigo era mortale, noi corridori facciamoci sentire"
di Stefano Rissetto
Il campione italiano U23 a cronometro sconvolto dalla morte della svizzera Muriel Furrer per una caduta durante la prova in linea femminile juniores
Andrea Raccagni Noviero, ciclista chiavarese campione italiano Under 23 a cronometro e giunto al 13° posto nella prova contro il tempo al Mondiale di Zurigo, solleva il problema della sicurezza. Nel corso della rassegna iridata, la 18enne svizzera Muriel Furrer è stata infatti vittima di un incidente mortale nella prova in linea femminile juniores. "Volevo fare un bel post con alcune foto della mia esperienza al campionato mondiale, ma fin da subito - scrive Andrea su Instagram - ho pensato che non fosse giusto. Ormai è passata una settimana e (tranne alcuni articoli) nessuno ne parla più. Ora c'è solo una cosa sicura, una ciclista come me è stata abbandonata a morire da sola per più di un'ora, sotto la pioggia e al freddo, durante la gara più importante dell'anno. Forse questo post non sarà utile come vorrei che fosse, ma almeno mi darà la possibilità di chiedere scusa a Muriel e alla sua famiglia. Perché come ho detto, questa è anche colpa mia e colpa di tutti gli altri corridori che non hanno mai parlato davanti a chiari problemi di sicurezza”.
"Noi ciclisti abbiamo paura che dicendo cosa non va, passiamo per quelli che si lamentano e rompono le scatole. Ma tra corridori, e posso affermare che è successo anche ai mondiali, quando ci si siede al tavolo tutti insieme - rincara la dose in un'intervista a BS il campioncino ligure - ognuno esprime le perplessità nei confronti dei percorsi. A Zurigo, per esempio, abbiamo parlato della discesa della cronometro: bisogna ringraziare che non sia successo niente, perché c’erano tutti i presupposti per un altro incidente. E la cosa che mi ha sconvolto più di tutte è che qualcuno dell’organizzazione o dell’UCI ha rilasciato un’intervista dicendo che per quella strada ci sono stati 1500 passaggi di corridori e una sola morte. Ma cosa vuol dire? Che 1499 volte va bene e se una volta va male, fa niente?".
Ecco la proposta di Andrea: "Se si è ex corridori o peggio se non si è mai stati corridori, forse è difficile capire se un percorso può essere pericoloso. Secondo me si dovrebbe creare un organo formato dai ciclisti che correranno quella determinata gara e provare il tracciato, così che siano loro che sono i diretti interessati a parlare per noi e dire se si può fare o se è meglio cambiare qualcosa".
Anche un altro corridore di livello internazionale, lo spagnolo Juan Ayuso, vincitore nel 2021 del Giro d'Italia U23, ha voluto dire la sua: "Mi sembra vergognoso quanto sia accaduto. Non voglio polemizzare e tantomeno infilarmi in una questione della quale non ho avuto un contatto diretto, ma sento ripetere - dice a Cadena Ser - che la ragazza è stata più di un’ora agonizzante in un bosco, e questo è inaccettabile. Lo sostengono in tanti, per cui comincio a pensare che sia accaduto per davvero. La cosa più grave però è non poter avere una comunicazione radio in corsa, cosa che a livello di sicurezza faciliterebbe molto le cose. Così come è assurdo che al mondiale non si usi il rilevatore GPS: magari non dico all’istante, ma se dopo 5 minuti vedi che il segnale è fermo qualche domanda cominci a fartela… vivere con tutti questi dubbi è terribile, soprattutto per chi ha perso una figlia o un’amica come Muriel. A pensarci bene, verrebbe quasi voglia di scendere dalla bicicletta e occuparsi di altro. So che agli atleti che hanno conquistato le medaglie è stato proibito di parlare della morte di Muriel. E quando arriva un invito a non parlare, allora vuol dire che qualcosa è successo".
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