'Ndranghetisti bloccati mentre pagano 950 mila euro per avere 368 kg di coca
di Michele Varì
2 min, 55 sec
Operazione anti narcos fra Bogotà e il porto di Genova di Gdf e i detective Usa: 3 arresti
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Come in un film: finanzieri sotto copertura si fingono portuali e grazie alla collaborazione con la Dea (l'agenzia anti droga degli Usa) e la polizia di Francia e Spagna apprendono dell'arrivo di un carico di droga dalla Colombia in Italia su una nave e sequestrano 368 chili di cocaina per un valore di 100 milioni di euro, recuperando anche 953mila euro in contanti con cui che la 'ndrangheta stava per pagare le spese del trasporto dello stupefacente.
In manette grazie all'operazione definita “Buon Vento Genovese” il 16 luglio a Genova sono finiti tre calabresi fra cui il boss Antonio Alvaro affiliato alla cosca 'ndranghetista degli Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria), da sempre radicata nel ponente della Liguria, dove già in passato era rimasta coinvolto in una maxi importazione di cocaina dal Sudamerica. Arrestati anche il pregiudicato Filippo Ierinò e l'incensurato Rodolfo Militano.
Di peso la figura di Ierinò, in passato accusato di simulazione di reato, falsa testimonianza con l’aggravante mafiosa nel procedimento per l’omicidio di Francesco Fortugno, vice-presidente del consiglio Regionale della Calabria avvenuto nel 2005.
Il quarto indagato è Domenico Romeo, già condannato in passato per traffico di droga e ritenuto dagli investigatori l'uomo di fiducia di Alvaro e contabile della 'ndrina, che però nel blitz della finanza è riuscito a fuggire. Gli arrestati sono accusati di traffico internazionale di droga con le aggravanti di mafia, ingenti quantità di stupefacente e transnazionalità.
Il resoconto di questa indagine monstre è stata svelata oggi in conferenza stampa dal procuratore di Genova Francesco Cozzi, il sostituto procuratore della Dda Federico Manotti, il generale Vincenzo Tomei, comandante della guardia di finanza di Genova, il colonello del nucleo di polizia economica della guardia di finanza Maurizio Cintura e tre detective americani della Dea.
Tutto nasce dal viaggio a Bogotà dei due 'ndranghestisti, Antonio Alvaro e Romeo, che rimangono in Colombia tre mesi e contattano i capi dei cartelli della cocaina, pattuiscono l'invio di quasi 400 chili di cocaina via nave in Italia, nel porto di Genova, poi fissano l'incontro per lo scambio dei primi soldi, quasi 950 mila euro, utili a pagare solo il trasporto e il resto della logistica dell'invio della droga. Altrettanti sarebbero serviti per pagare la coca.
Lo scambio fra la droga e i soldi avviene in due tranche: un anticipo in un locale di Sanremo (350 mila euro), città che gli Alvaro conoscono bene, il resto a Genova, alla Marina dell'aeroporto di Sestri Ponente, dove sarebbe dovuto avvenire anche il passaggio della droga, sbarcato da una nave attraccata nel porto di Sampierdarena.
Importante per fare capire il grado di confidenza fra narcos colombiani e mafiosi italiani e il fatto che i rispettivi pacchi con i soldi e la cocaina non vengono aperti e subito controllati, ma presi a scatola chiusa, sulla fiducia. I quasi 950 mila erano pressati in panetti da 50 mila euro e stipati in alcuni borsoni. La droga era stata caricata su un furgone preso a noleggio, da dove sarebbe stata poo subito, in un magazzino di Sampierdarena, trasferita su un altro furgone, di un panificio di Sinopoli, in Calabria, dove sarebbe arrivata se non fosse stata intercettata dai militari della guardia di finanza.
Droga che rimane l'affare più redditizio, come ha confermato il procuratore capo Cozzi: “Il 368 chili di cocaina fra spese per lo stupefacente e per il trasporto sarebbero costati agli Alvaro circa 2 milioni du euro, 950 dei quali per il trasporto, ma una volta spacciati avrebbero fruttato fra i 100 e i 140 milioni di euro con un ricavo di circa l'80%”.
Michele Varì
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