Covid19, Icardi: "Torniamo a vivere ma con gel in tasca e distanze sociali"
di Michele Varì
Lo specialista del policlinico: "Le mascherine servono negli ambienti chiusi e per ora niente stadio, il virus è fra noi"
"La nostra vita ricomincerà ma non tornerà quella di prima, dovremo abituarci a convivere con il virus e come portiamo lo smartphone nella borsa dovremo sempre avere un gel alcolico per igienizzare le mani e tenere la distanza sociale. Tornare allo stadio? Per ora non se ne parla..."
Parole di Giancarlo Icardi, direttore del reparto Igiene dell'Ospedale Policlinico San Martino di Genova, l'esperto della Regione Liguria.
Qualche sindaco, ad esempio Bagnasco a Rapallo, ha imposto l'obbligo delle mascherine?
"In queste situazione serve una strategia univoca e nazionale, i virus non riconoscono i confini, può essere una misura ma non serve farla in modo estemporaneo, perché a Rapallo sì e a Recco no? Visto che si parla di pandemia serve una lotta globale, almeno a livello nazionale o regionale occorre un Atteggiamento univoco, serve un coordinamento almeno fra i sindaci.
Usiamo il buon senso, la mascherina può andare bene e ha un significato in ambienti chiusi come i supermercati, non all'aperto".
Ma all'aperto è possibile essere contagiati dal virus?
"Quando si parla di virus nell'aria si parla di ambienti chiusi e confinati, mai dell'aria aperta. Il virus non ha la capacità di andare molto distante da dove viene emesso con le goccioline, in un ambiente aperto c'è l'effetto diluizione per cui il virus non si concentra.
Se poi starnutisco, ho secrezioni nasali, metto le mani in bocca, allora è un altro discorso"
Cosa ne pensa dei tanti decessi nelle residenze per gli anziani?
"Sono strutture inserite nel nostro contesto urbano e pur essendo comunità chiuse i contatti con l'esterno ci sono operatori, familiari e anche con tutte le precauzioni il virus può arrivare, e poi è tutto più complesso perché si tratta di comunità di soggetti con quadri clinici complessi".
Possibile che gli ospedali possano avere dimesso più del solito gli anziani per fare spazio ai malati Covid?
"Sono abituato a ragionare sui dati, non me ne occupo, di questo ho solo letto sui giornali"
Come deve essere la fase due?
"Stiamo lottando contro un virus che sostanzialmente conosciamo da neanche quattro mesi perché l'allerta è stato dato il 31 dicembre.
Adesso i dati dicono che la pandemia sta rallentando, ma non si può ipotizzare o tutto o niente. La gradualità ha un suo significato. Ma questo non significa che chi faceva certe attività potrà tornare a farle come prima, potrà farlo solo accompagnato da tutta una serie di misure e precauzioni per limitare al massimo la probabilità che si possa rivitalizzare un nuovo focolaio, sennò rischieremmo di buttare tutto il lavoro fatto sino ad ora".
Ma è possibile ipotizzare a quando potremo tornare alla normalità, a come eravamo prima?
"Allo stato attuale non si può ipotizzare, ma dobbiamo abituarci a convivere con questo virus adottando quella serie di misure generali, dalla corretta igiene delle mani. Dovremo abituarci, così come usciamo sempre con lo smartphone, avere sempre dietro un gel alcolico nella borsetta piuttosto che nello zaino per igienizzarci le mani tutte le volte che è necessario, per cui tutta una serie di misure andranno adottate. Tornare alla normalità? Direi che è difficile ipotizzare adesso quando potremo tornare a vivere come prima.
E tornare allo stadio?
"Pensare di tornare allo stadio in questo momento è improponibile perché il virus è fra noi e gli assembramenti di persone devono essere evitati, sarebbe da incoscienti, e forse ancora per tanto tempo, ma è difficile rispondere a questa domanda. Stadio significa anche bus pieni, code, non pe adesso è improponibile".
Perché siamo una delle regioni che fa di meno tamponi?
"Direi che non è importante il numero di tamponi che vengono fatti ma l'appropriatezza, ossia a chi vengono fatti, la strategia nazionale è sempre stata quella di fare i tamponi ben definiti, prima a casi sospetti o probabili di malattia, ospedalizzati o domiciliari. Quello che bisogna valutare è il numero di tamponi positivi. Nella fase di picco in Liguria su cento tamponi erano positivi da 80 a 90, ora in questa fase la percentuale di tamponi positivi si aggira sul 15 o 20%. Questo è il dato che noi dobbiamo valutare come i posti in terapia intensiva. Poi io posso fare tamponi a tutta la popolazione senza riuscire ad evitare la diffusione del virus che invece si limita con le distanze sociali".
La distanza sociale è sempre un metro?
"Da sempre per evitare i contagi si parla di un metro o un metro e mezzo".
Si racconta che la Corea del Sud sarebbe riuscita a limitare il virus con campionamenti a tappeto?
"Sempre difficile fare delle valutazioni su cose a migliaia di km di distanza, sarebbe come se mi chiedesse se sono veri i migliaia di morti in Cina, noi ci atteniamo ai dati ufficiali".
Questo è il virus più contagioso dell'era moderna?
"Se per era moderna intendiamo il ventesimo secolo certamente sì, se invece intendiamo anche la spagnola del secolo scorso negli anni '18/'19 o ci rifacciamo alla pandemia da aids, non dimentichiamo che l'aids ha ucciso fra il 1982 e il Duemila oltre 40 milioni di persone
Questo è un virus sicuramente nuovo e provoca in una percentuale di casi ancora non quantificata una brutta polmonite, ma la spagnola secondo le stime più prudenti aveva ucciso più di venti milioni di persone".
L'Aids faceva meno paura perchè si trasmette con il contatto fisico ed ora si cura.
"Si, però i milioni di morti ci sono stati, anche qui ci vuole il contatto fisico, il covid19 si trasmette con le goccioline di saliva".
Ora siamo spaventati perché se uno va al market e tocca un oggetto toccato da un malato si può infettare e il numero dei morti potrebbe aumentare. Quanto è la letalità del Covid19?
"Per ora in Italia siamo intorno di 10% dei malati, dato che andrà certamente aggiornato, ma bisognerà effettuare esami più approfonditi per affermare quanto è letale il Covid19".
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