Crollo in A26, il pm valuta l'ipotesi di "attentato alla sicurezza dei trasporti"
di Redazione
Due tonnellate e mezzo di materiali caduti nella galleria Berté
Il crollo del materiale dalla volta della galleria Bertè sull'autostrada A26 Genova-Alessandria-Gravellona Toce dello lo scorso 30 dicembre era forse prevedibile in base alle ispezioni fatte. Se così fosse, potrebbe essere contestato il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti, come già avvenuto per il crollo del Morandi.
L'ipotesi di reato è al vaglio del pubblico ministero Stefano Puppo al quale è stato affidato il fascicolo per il crollo di due tonnellate e mezzo di materiali, che solo per un caso non aveva coinvolto veicoli su una delle autostrade più trafficate dell'intera rete, creando però pesanti disagi alla circolazione, con la chiusura per parecchie ore anche del casello di Masone.
Proprio mentre la procura apriva una inchiesta, Spea sospendeva due ispettori che nel corso del 2019 avevano effettuato i controlli sulla galleria Bertè. Al vaglio del magistrato c'è oggi anche il mancato adeguamento alla direttiva europea sulla sicurezza dei tunnel di lunghezza superiore ai 500 metri. Diverse le questioni da sciogliere: la mancata attuazione delle disposizioni di mitigazione del rischio, disposte dalla commissione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che tipo di conseguenze penali potrebbe avere? E ancora: se con il crollo del materiale si fosse creata una situazione di rischio per gli utenti, cosa sarebbe potuto succedere? I militari del primo gruppo della guardia di finanza hanno intanto ricostruito la catena delle persone che hanno avuto a che fare con la galleria. Quei nomi potrebbero finire presto nel registro degli indagati. Il crollo aveva rinfocolato le polemiche sulla revoca della concessione ad Autostrade.
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