Donna fatta a pezzi, l'autopsia conferma versione della figlia arrestata
di Michele Varì
Sul collo della vittima segni compatibili con l'impiccagione, come ha riferito l'indagata
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Sul collo di Loredana Stupazzoni, 63 anni, la donna fatta a pezzi dalla figlia Giulia Stanganini, 37 anni, ci sono segni compatibili con una morte per impiccagione: lo svelano le prime indiscrezioni dell'autopsia svolta stamane a Genova dal medico legale Francesco Ventura che ha effettuato l'esame autoptico per conto del pubblico ministero titolare dell'indagine Sabrina Monteverde.
All'accertamento ha assistito anche il medico legale Marco Salvi nominato dall'avvocato della donna, Chiara Mariani, che aveva difeso la Stanganini anche nel novembre scorso quando la donna nella sua casa di San Fruttuoso aveva perso il figlio di tre anni a causa di una crisi respiratoria nel letto dove stava dormendo: la Stanganini non si era accorta di niente perchè con gravi problemi all'udito non aveva sentito le possibili implorazioni di aiuto del piccolo perché la sua protesi era disattivata. L'esame necroscopico sentenziò che il piccolo era morto per cause naturali.
Ma la morte del figlio ha inevitabilmente segnato la vita e il rapporto di Giulia con la madre, che non si capacitava del decesso del nipotino e, come la figlia ha spiegato alla polizia, la faceva sentire in colpa della scomparsa del piccolo. Anche per questo fra le due donne si accendevano continue liti.
La trentasettenne ha ammesso di nutrire un sentimento di odio più o meno inconscio nei confronti della madre a cui addebitava anche di avere sempre preferito la sorella. Forse per questo quando, circa sette giorni fa, l'ha trovata morta nella cucina (dove si sarebbe impiccata) invece di chiamare i soccorsi l'ha prima lasciata sul letto per tre giorni, poi, per impedire che i vicini sentissero la puzza del cadavere in putrefazione l'ha fatta a pezzi e chiusa in alcuni sacchetti della spazzatura e un secchio con dentro della vernice.
Per farlo avrebbe usato un coltello poi gettato nei bidoni della spazzatura. Alcuni piccole parti del corpo le aveva messe nel freezer del frigo, da dove le ha tolte solo prima di andare in questura a confessare. "Non volevo che i poliziotti vedendole s'impressionassero" ha raccontato.
Erano le 4 e mezzo di ieri notte quando la Stanganini è apparsa dal nulla scendendo da un taxi davanti al cancelletto di servizio della questura e all'agente di turno ha detto, "ho fatto a pezzi mia madre, ecco i sacchi in cui l'ho messa" mostrando sul cellulare una foto in cui si vede la tendina della doccia scostata e tanti sacchi e pure un secchio.
Il poliziotto ha strabuzzato gli occhi e chiamato subito l'ispettore di turno.
E' cominciata così l'indagine che ha permesso di rinvenire in un modesto appartamento di Marassi, al secondo piano del civico 5 di via Bertuccioni, il cadavere fatto a pezzi di Loredana Stupazzoni, 63 anni, ex bidella in pensione, la madre di Giulia, ora rinchiusa nel carcere femminile di Pontedecimo in isolamento (per il covid19 ) con l'accusa di soppressione del cadavere anche se su di lei grava anche l'ombra dell'omicidio, per cui è stata denunciata.
Il risultati dell'autopsia però potrebbero alleggerire la sua posizione penale, ma non quella psichiatrica: l'avvocato infatti chiederà una perizia per accertare che donna al momento dei fatti di cui è accusata non era in condizione d'intendere e di volere. L'unica certezza su cui, per ora, accusa e difesa sembrano concordare
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