F35, Pinotti: “Il M5s voleva prendermi a calci, almeno ora si scusino”
di Fabio Canessa
L’ex ministro a Telenord: “Manovra di sinistra? Noi puntavamo sul lavoro”
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Due sono le cose per cui verrà ricordata la genovese Roberta Pinotti: l’onore di essere stata la prima donna al ministero della difesa e la querelle sugli F35. Quegli aerei militari comprati dal governo Renzi tra ferocissime critiche del Movimento 5 Stelle. Quegli stessi aerei che, secondo il sottosegretario grillino Tofalo, hanno però “un’ottima tecnologia, forse la migliore al mondo in questo momento”. Fino alla definitiva retromarcia: “Resta ovvio che non possiamo rinunciare a una grande capacità aerea per la nostra aeronautica”. Ora la senatrice dem, intervistata a Telenord dal direttore Giuseppe Sciortino, si toglie qualche sassolino. Anche sulla manovra gialloverde, che per qualcuno è spiccatamente “di sinistra”.
Lei ha difeso strenuamente l’acquisto degli F35, anche con una lotta dura da parte dell’opposizione. Cosa ricorda di quei momenti e cosa vorrebbe dire ora?
Gli F35 sono un progetto che risale addirittura al ’98, cioè al ministro Andreatta. In realtà uscire da quel progetto voleva dire non consentire all’aeronautica di avere mezzi adeguati, ma anche perdere molti dei soldi investiti negli anni passati. Tutte le mozioni in Parlamento hanno detto che bisognava continuare col progetto. Ma credo che il pubblico ricordi soprattutto i toni dell’opposizione, soprattutto i Cinque Stelle. C’è chi mi ha chiamato traditrice dello Stato, Di Battista ha proposto di prendere a calci nelle terga – io uso termini un po’ più aulici – chi aveva pensato a quel progetto. Oggi invece c’è un sottosegretario che dice altro…
Infatti Tofalo dice che qualcuno è informato male. Ma allora, cosa è cambiato in quattro anni?
C’è un documento, si chiama DPP, che viene presentato in Parlamento, dove ci sono tutti i programmi e le spiegazioni. Ogni parlamentare, se legge e le carte e non fa solo mera e becera propaganda politica, può capire tutto. Degli F35 l’onorevole Tofalo poteva capire anche nella scorsa legislatura, perché gli atti sono pubblici, c’è totale trasparenza. Le carte bisogna vederle prima di parlare. Almeno uno dovrebbe poi scusarsi. Cosa è cambiato? Moltissime cose venivano lanciate come proclami per demonizzare l’avversario che doveva essere corrotto, in malafede, incapace. Questo è l’elemento più negativo che è stato portato in politica a partire dalla presenza massiccia dei Cinque Stelle in Parlamento.
Quella del governo è una manovra di sinistra?
Valutiamo cosa c’è in questa manovra. Le due riforme bandiera, che sono quota 100 e il reddito di cittadinanza, sono di fatto due interventi assistenziali. Non sarebbe stato sbagliato intervenire su questi due temi se non fosse stato fatto a scapito di altre cose. Si poteva implementare il reddito di inclusione, un meccanismo che già iniziava a funzionare. Del reddito di cittadinanza mi preoccupa questo sistema farraginoso, si basa sui centri per l’impiego che però finora hanno avuto molti problemi. Le pensioni? Verranno pagate da tagli su altre pensioni, quelle sopra i 1.500 euro lordi. Per mettere i soldi su queste due misure si taglia ad esempio tutto l’impianto per incentivare il lavoro: industria 4.0, la detassazione forte per chi investe in ricerca, la detassazione alle pmi, misure – quelle sì – di sinistra che avevano fatto ripartire l’Italia e l’occupazione. Ora invece, dopo molti semestri, la crescita è tornata ad avere il segno negativo.
Ma c’è qualcosa che ritiene positivo?
Ritengo positivo il passo indietro sulla tassazione raddoppiata sul terzo settore. E ritengo positivo che sia stata salvata opzione donna. Quota 100 riguarderà soprattutto gli uomini, ma almeno quella possibilità è stata reinserita.
Oggi il Pd che cos’ha di popolare per la sinistra?
Io penso sia di sinistra incrementare il lavoro. Credo sia di sinistra un impegno importante per la formazione, investimenti importanti sulla scuola e sulla cultura. Ed è di sinistra lavorare sulle periferie.
Non le chiedo del nuovo simbolo del Pd...
Prima vengono i progetti, poi eventualmente nomi e simboli. Il Partito Democratico ha un bel nome e un bel simbolo. Ovvio che, se cambiano storie e progetti, può cambiare anche il resto.
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