Genova, caso bagni Liggia-Bolkestein: legittima la proroga automatica della concessione, assolto il titolare
di Redazione
L'odissea giudiziaria partì nel 2019, quando la Capitaneria di porto intervenne perché Galli aveva abbattuto il muretto di uno stabilimento vicino
E' stato assolto Claudio Galli, titolare dello stabilimento balneare Liggia a Genova, spiaggia nel quartiere di Quarto da dove era partita la guerra giudiziaria sulle concessioni demaniali e la direttiva Bolkestein, con sequestri, ricorsi e indagini che si sono allargate ai bagni di tutta Italia. Galli era accusato di occupazione abusiva di demanio pubblico perché, secondo il pubblico ministero Walter Cotugno, avrebbe gestito lo stabilimento senza concessione. Il giudice lo ha assolto "perché il fatto non costituisce reato".
L'odissea giudiziaria dei bagni Liggia era iniziata nel 2019. La Capitaneria di porto era intervenuta perché Galli aveva abbattuto il muretto di uno stabilimento vicino. Il Comune aveva dato il via libera ma il pubblico ministero aveva indagato il titolare, assistito dall'avvocato Michele Ciravegna, per un altro motivo: l'area su cui insistono i bagni sarebbe stata occupata abusivamente in violazione della direttiva Bolkestein. I bagni vennero sequestrati, poi dissequestrati e infine di nuovo sequestrati. Nel frattempo il giudice per le indagini preliminari aveva ordinato alla procura di indagare sulle concessioni di tutta Italia. Procedimento, quest'ultimo, ancora pendente a carico di ignoti. Da ultimo la procura ha assegnato lo stabilimento al Comune per farlo mettere a gara. E Palazzo Tursi lo aveva riassegnato al titolare dopo una pronuncia del Tar.
"Siamo molto soddisfatti - sottolinea l'avvocato Ciravegna - ovviamente aspettiamo di leggere le motivazioni. Si tratta di una pronuncia importante non solo per Galli ma per tutta la categoria dei balneari". La settimana scorsa le sezioni unite civili della Cassazione hanno annullato con rinvio a una nuova adunanza, la decisione dei giudici amministrativi emessa nel novembre 2021 con la quale bocciavano la proroga delle concessioni fino al 2033.
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