Genova, crack Qui!Group: caos in aula, gup trasmette atti all'Ordine degli avvocati
di Redazione
Secondo il gup ci sarebbe stato "un abuso del processo" da parte dei legali della famiglia Fogliani
Caos all'udienza preliminare per il fallimento di Qui!Group, il colosso dei buoni pasto lasciato in dissesto nel 2018 dal fondatore Gregorio Fogliani, tanto che il giudice Caterina Lungaro ha deciso di trasmettere gli atti ai consigli dell'ordine degli avvocati di Genova e Milano. Per il gup ci sarebbe stato "un abuso del processo" da parte dei legali della famiglia Fogliani. La bagarre è nata dopo che Giuseppe Iannaccone, storico avvocato del patron di Qui!Group, ha deciso di assistere nuovamente Fogliani, dopo averlo "mollato" perché non pagava. Il suo rientro sarebbe stato comunicato il giorno prima al difensore Giacomo Gardella, che era stato nominato prima d'ufficio e poi di fiducia. E così Gardella, questa mattina, si è ritrovato in aula un altro avvocato, il civilista Gianemilio Genovesi in sostituzione del collega Iannacone. All'udienza di oggi si sarebbero dovuti discutere i patteggiamenti di tutti i membri della famiglia.
Ma quando è arrivato il turno di quello di Fogliani sono partite le discussioni: prima tra giudice e nuovi difensori che chiedevano un termine a difesa, poi, tra una interruzione e l'altra e telefonate e messaggi WhatsApp, tra gli stessi legali. Alla fine il giudice ha deciso di trasmettere gli atti ai rispettivi consigli dell'ordine e ha rinviato al 20 settembre.
Prima della bagarre però sono stati concordati i patteggiamenti delle due figlie di Fogliani, Chiara e Serena ( che hanno concordato pene di poco inferiori ai 2 anni) e quello della madre Luciana Calabria (anche lei sotto i due anni). In ballo c'è ancora quello del patron di Qui!Group: all'udienza precedente aveva proposto 4 anni e sei mesi e una confisca di 100mila euro, a fronte di un crack da 600 milioni. Proposta che la pm Patrizia Petruzziello e l'aggiunto Francesco Pinto hanno respinto.
Adesso i legali di Fogliani avrebbero dato l'ok anche al sequestro dei 6 milioni trovati chiedendo però il dissequestro della villa di Forte dei Marmi "per potere essere pagati".
Gardella, dopo il primo no della giudice e l'invito di questa a concludere, ha dismesso il mandato e così sono stati concessi i termini a difesa. "Ritengo di avere posto in essere - ha spiegato il legale - un giusto comportamento difensivo per non compromettere anche il diritto dell'assistito ad accedere a un eventuale patteggiamento". "D'altronde - conclude l'avvocato - se il giudice avesse sostanzialmente accolto l'istanza di rinvio proposto il processo non avrebbe subito variazioni particolari.
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