Genova, si toglie la vita detenuto accusato di volere bruciare la compagna
di Redazione
Ignazio Congiu, 53 anni, si è impiccato in cella: era stato arrestato a luglio
Era stato arrestato a luglio a Savona perchè dopo l'ennessimo maltrattamento alla compagna aveva minacciato di darle fuoco: "Vado a prendere una tanica di bezina e ti brucio" aveva gridato alla donna.
Ignazio Congiu, 53 anni, savonese di origine laziale, si è tolto la vita la scorsa notte in una cella della sesta sezione del carcere di Marassi, a Genova: a trovarlo senza vita un agente penitenziario. Per uccidersi l'uomo si è stretto intorno al collo un lenzuopo appeso ad una finestra. Poi gli è bastato piegare le gambe e il cappio si è stretto. I poliziotti e i medici del presidio sanitario del carcare accorsi nella cella per alcuni minuti erano riusciti a rianimarlo, ma dopo poco il cuore dell'uomo si è fermato ancora, stavolta senza più riprendersi.
Congiu era in cella da solo perchè i detenuti accusati di reati contro donne e bambini, come detta il regolamento non scritto che vige in carcere, rischiano ristorsioni da parte degli altri reclusi. Proprio perchè solo è riuscito a mettere in atto il suo piano di morte. Si è svegliato in piena notte, ha formato una corda con lenzuola e si è impiccato.
L'uomo era in attesa di giudizio per i maltrattamenti anche psicofisici, e le minacce denunciate dalla compagna. La donna a luglio, esasperata, si era recata a sporgere denuncia in questura raccontando che continuava a ricevere minacce sul suo telefonino anche mentre era davanti all’investigatori della squadra mobile che stavano raccogliendo la sua testimonianza.
Congiu, invalido, residente in un alloggio di Villapiana, con diversi problemi alle spalle legati all’alcol, era già stato accusato in passato di tentato omicidio e lesioni gravissime per una storia di risse e bottigliate tra sbandati e clochard tra corso Mazzini e il Prolungamento. Pare che in quel caso Congiu si fosse intromesso in una rissa per difendere una donna.
La compagna, sua convivente, lo aveva allontanato dalla casa; lui però non aveva accettato la decisione, cercando di ritornare ad abitare con lei. La donna, esasperata per le ingiurie e le minacce, però aveva sporto denuncia e lo aveva fatto arrestare e finire in carcere.
Ai poliziotti la donna, molto attiva nel volontariato e nel sociale, poi aveva spiegato come l’aggressività dell’uomo sarebbe esplosa negli ultimi tempi anche per colpa di un mix di farmaci, assunti per curarsi dall’uomo, e alcol. Un’aggressività che ha portato Congiu, tornato ad abitare da solo, a scagliarsi contro la porta di casa dell’ex convivente chiedendole di poter rientrare in casa con lei. Richieste accompagnate da insulti e minacce sino a dirle: «Vado a prendere una tanica di benzina e brucio tutto» aveva minacciato.
La notizia della tragedia nella cella di Marassi stamane è stata resa nota dal Sappe, il Sindacato di polizia penitenziaria: "Marassi segna purtroppo il secondo suicidio dall'inizio dell'anno. Un dramma che nessuno deve ignorare .Non conosciamo le cause che hanno indotto al suicidio ma di fatto esiste un disinteresse alle condizioni di vita della popolazione detenuta a Marassi che è indiscutibile: ci sono 730 detenuti che devono convivere in spazi per 525 posti".
Secondo il Sappe "gli eventi critici sono ormai quotidiani: nel primo semestre 2019 ci sono stati quasi 100 atti di autolesionismo, un suicidio, 73 colluttazioni e 40 ferimenti, un decesso per cause naturali e continue aggressioni alla Polizia Penitenziaria. Poco più di un anno fa - continua la nota - la direzione di Marassi si è resa parte attiva con l'assessore regionale alla sanità diun protocollo sul 'rischio suicidario' ma ancora nulla si sa, a distanza di quasi un anno dalla sua introduzione, sulle modalità attuative di tale protocollo. E allora le responsabilità di chi sono?".
(m.v.)
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