Genova riscopre la memoria nascosta: riaprono i sotterranei della Casa dello Studente il 25 aprile
di Carlotta Nicoletti
La prigione segreta della Gestapo in corso Gastaldi fu luogo di torture, poi murato per decenni
Dietro le mura della Casa dello Studente di corso Gastaldi si nasconde un capitolo rimosso della storia genovese: durante l’occupazione nazista fu trasformata in prigione clandestina della Gestapo. Il 25 aprile, in occasione dell’anniversario della Liberazione, quel labirinto sotterraneo riapre al pubblico per permettere a tutti di vedere che cosa avveniva in quei luoghi dimenticati per decenni.
La storia - Costruita come alloggio per studenti universitari, la Casa dello Studente fu in realtà un simbolo della retorica fascista: suite per figli dell’élite del regime, più hotel di lusso che collegio popolare. Fondata nel 1934 come struttura del regime, la Casa dello Studente nacque sotto l’egida fascista.
Occupazione nazista – Tra il 1943 e il 1945 divenne un centro di detenzione e tortura gestito dalla Gestapo. Con l’arrivo dei tedeschi, l’edificio divenne uno dei centri di repressione più feroci della città. Nei sotterranei vennero rinchiusi, interrogati e torturati gli oppositori politici, in particolare partigiani e antifascisti. I tunnel si prestavano alle torture poiché il suono delle urla non riusciva a uscire all’esterno per via della particolare conformazione a “collo d’oca” del passaggio, progettata per attutire gli effetti delle bombe ma efficace anche nel silenziare la violenza.
La verità taciuta - Negli anni Cinquanta, una volta cessate le ostilità, i sotterranei furono chiusi e convertiti in spazi per la mensa, le scritte dei prigionieri coperte con piastrelle, le porte blindate sigillate senza alcun riferimento alla memoria: luoghi di dolore cancellati, dimenticati, taciuti. Il primo direttore dell’edificio nel dopoguerra era a sua volta un ex fascista, che contribuì a insabbiare il passato.
La riscoperta - Solo nel 1973, dopo alcuni scavi, vennero riscoperti i locali interrati: stanze anguste pensate come rifugi antiaerei, poi usate come bunker per interrogatori. Le barriere furono abbattute e i segni del passato riaffiorarono: cavi elettrici, canalette per il sangue, graffiti dei prigionieri. I giovani decisero di trasformarli in un museo, intitolandolo al partigiano tedesco Rudolf Seiffert, che pur non essendo mai stato a Genova, lottò dall’interno contro il nazismo. Una provocazione consapevole, a dimostrazione che non tutti i tedeschi furono complici, ma anche loro furono vittime del regime. Il museo è oggi chiamato “della Resistenza europea”, proprio per sottolineare la dimensione transnazionale della lotta contro l’oppressione.
Apertura al pubblico – L’edificio sarà visitabile il 25 aprile dalle 11 alle 18, senza prenotazione. Le visite saranno guidate dai volontari del Centro di documentazione Logos, che promuove una riflessione sulla Resistenza come lotta per la libertà.
Dichiarazioni - "Nei sotterranei venivano rinchiusi e torturati i prigionieri, mentre ai piani superiori si trovavano gli uffici della SD, la polizia di sicurezza nazista, guidata inizialmente da Max Ablinger. Fu lui a ordinare, dopo l’8 settembre 1943, la prima razzia degli ebrei nella provincia. Questo edificio non è solo un monumento, ma un luogo che racconta una storia precisa: quella dell’azione antiebraica, regolata dall’ordine di polizia n.5 della Repubblica di Salò, e della repressione contro i partigiani, condotta con il supporto attivo dei fascisti italiani", lo storico Giorgio "Getto" Viarengo.
"Le celle erano minuscole e sovraffollate, con fino a dieci persone rinchiuse senza servizi igienici: luoghi di sofferenza già prima delle torture vere e proprie. Sui muri restano scritte strazianti, come invocazioni alla Madonna della Guardia, segni concreti della disperazione dei detenuti. Una scritta in inglese, datata maggio 1945, testimonia quanto a lungo si prolungò la detenzione anche dopo la fine ufficiale della guerra", Giulia Bizzarri, storica centro documentazione Logos .
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