Sanremo, il vigile in mutande: "Rivoglio il mio lavoro"
di Redazione
"Il ricorso l'ho già fatto, sono stati 4 anni di tortura mediatica"
"Sono stati 4 anni di tortura mediatica, di fronte alla quale si può reagire in due modi: abbattendosi e sprofondando o reagendo con serenità e ironia. Ho scelto la seconda, lo dovevo alla mia famiglia, ai miei figli. Non potevo farmi vedere distrutto". Così Alberto Muraglia, l'ex vigile urbano divenuto simbolo dell'inchiesta sui furbetti del cartellino al Comune di Sanremo commenta la sua assoluzione con alcuni quotidiani.
"Ho sempre creduto di essere nel giusto e di non aver fatto nulla di male. Una cosa mi ha disturbato su tutte, quasi nessuno ha mai avuto l'onestà mentale di far la domanda giusta: quelle timbrature erano fatte prima o dopo l'orario di servizio? Rispondo io: tutte prima, non ho mai rubato nulla", dice Muraglia che dopo il licenziamento si è messo a fare l' aggiustatutto.
"Questa bottega mi ha salvato la vita. Oggi ho tantissimi clienti, lavoro per 200 condomini. Capisco l'impatto determinato dall'inchiesta e dalla foto: ma la gente di Sanremo mi conosceva, mi ha sempre stimato, mi è stata vicina. Sin dall'inizio sapeva qual era la verità. E in città sono sempre andato a testa alta". Il prossimo obiettivo per l'ex vigile urbano è quello di tornare a lavorare in Comune. "Il ricorso l'ho già fatto. Ho portato 40 testimoni, ne hanno già ascoltati 22 e la prossima udienza sarà ad aprile. Io sono stato messo alla porta sulla scorta delle sole accuse. Ora che c'è una sentenza di assoluzione, credo valga qualcosa". "Vorrei che dopo tanto tempo sulla mia vita calasse il silenzio, che tornasse la normalità", conclude Muraglia.
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