Maxi sequestro di coca: i narcos incastrati da un veliero fantasma
di Michele Varì
2 min, 39 sec
Detective come Totò: gli 'ndranghetisti si sono accorti dell'inganno solo dopo l'arresto
Un milione di euro per una traversata oceanica a bordo di un veliero in realtà mai esistiti. Gli 'ndranghetisti arrestati nell'operazione "Buon vento genovese" (ecco spiegato perché all'operazione è stato dato il nome prendendo spunto dal saluto che si scambiano i velisti) si sono accorti dell'inganno solo quando sono stati arrestati della guardia di finanza.
I tre calabresi hanno pagato quella cifra in contanti per il trasporto di 368 chili di cocaina dalla Colombia al porto di Genova Sestri Ponente convinti che la droga fosse stata trasportata in Europa a bordo di una barca a vela di proprietà di uno skipper dei narcos che in realtà era un agente sottocopertura.
La barca promessa per la traversata oceanica non è mai esistita e ovviamente neppure il viaggio: l'inganno è stato architettato dai detective della Dea americana a Bogotà quando nel pattuire il viaggio fingendosi narcos hanno mostrato al boss Antonio Alvaro una barca a vela ancorata in un porto colombiano. “Viaggeremo su quel veliero...” hanno indicato genericamente.
Come nel film in cui Totò e Peppino cercano di vendere la fontana di Trevi ai turisti stranieri. Solo a parti invertite perché stavolta i furbi che imbrogliano sono stati gli americani (con i finanzieri italiani) e a fare la figura degli allocchi sono stati i calabresi.
La sceneggiata è stata completata simulando la traversata oceanica, viaggio in realtà mai effettuato perché la droga è arrivata in Italia con un altro mezzo (di cui non si può svelare il tipo), Cocaina necessaria per per arrestare in flagranza di reato gli 'ndranghestisi. Un viaggio solo virtuale eppure fatto monitorare passo passo dai calabresi che grazie a cellulari non intercettabili grazie a uno skimmer contattavano i presunti narcos con continue telefonate, “dove siete?”, “come è il mare'”.
Un viaggio virtuale che per essere verosimile è durato un mese: e in trenta giorni sono state molte le chiamate fra i calabresi e i detective sottocopertura che si sono spacciati per narcos in alto mare. Telefonate per aggiornare sullo stato del mare e delle navigazione, eppoi, sceneggiata finale, per avvertite gli Alvaro che il porticciolo prescelto, dopo le tappe in Spagna e a Marsiglia, per l'attracco in Italia era la piccola marina di Sestri Ponente, a Genova.
Qui altra scena comica quando ad Alvaro è stato mostrato un veliero a caso ancorato alla Marina simile a quello indicato in Colombia. Roba da ridere, ma è alla fine ha permesso agli investigatori di arrestare tre 'ndranghetisti fra calata Gadda e la marina dell'Aeroporto compreso il boss Antonio Alvaro affiliato alla cosca degli Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria), mentre un quarto è riuscito a fuggire, e recuperare la droga e il quasi milione di euro in contanti che la 'ndrangheta aveva portato a Genova per pagare il presunto skipper dei narcos.
Curiosità: nel milione di euro erano compresi anche 200 euro per corrompere i portuali, marittimi ovviamente mai esistiti. “A noi per portare qualsiasi quantità di droga in Italia serve un milione di euro per le spese del viaggio” avevano detto i narcos che in realtà erano detective della Dea e della guardia di finanza che hanno portato a termine l'”Operazione buon Vento genovese”, nome che poteva tradire la messinscena della traversata e della nave fantasma, eppure mai svelata dagli inquirenti.
Michele Varì
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