Camogli, la scoperta di un sensazionale relitto nel mare: potrebbe essere la Santo Spirito
di Redazione
Il ritrovamento potrebbe rivelarsi estremamente importante dal punto di vista storico. (Il video)
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Potrebbero essere del Santo Spirito, uno dei più grandi galeoni italiani, naufragato al largo di Camogli nel 1579, i resti di una grande imbarcazione rinascimentale trovati a fine febbraio da due sommozzatori professionisti durante un'immersione nell'Area Marina Protetta di Portofino, a una profondità di 50 metri. La scoperta è stata annunciata dalla Soprintendenza. A dare la precisa identità dell'imbarcazione saranno gli studi, già in corso da parte proprio della Soprintendenza che, assieme ai carabinieri subacquei ha avviato le operazioni di ricognizione.
I primi risultati confermano il grande interesse del ritrovamento, in quanto la porzione di scafo visibile può essere riconducibile ad un relitto della prima età moderna, di cui oggi sono noti pochissimi esempi nel Mediterraneo. Gli studi ovviamente sono ancora in corso e, vista l’importanza del sito, la Soprintendenza sta sviluppando un ampio progetto di ricerca con partners internazionali, per precisarne datazione e caratteristiche tecnico-costruttive e tentarne, in ultimo, l’identificazione. Non è un mistero che lo specchio di mare di Punta Chiappa sia stato scenario nel 1579 del noto naufragio della grande nave ragusea Santo Spirito e S. Maria di Loreto, oggetto a partire dagli inizi degli anni ’70 del secolo scorso di ripetuti tentativi e successivi programmi di ricerca, la cui storia può essere ricostruita nel dettaglio grazie ai documenti conservati a Genova e in numerosi altri archivi italiani ed europei.
Il relitto di Camogli
In Mediterraneo sono rarissimi i relitti della prima età moderna che conservano resti strutturali di legno: paradossalmente conosciamo meglio le tecniche costruttive delle antiche navi romane rispetto a quelle impiegate nel Mediterraneo nei secoli di passaggio tra il Medioevo e l’età moderna. Per questo i resti dello scafo individuati e attualmente visibili (una parte estremamente limitata di quanto rimane sepolto), riconducibili ad una porzione della fiancata della nave, risultano così preziosi per l’archeologo: questa scoperta eccezionale offre l’occasione di studiare in dettaglio l’architettura navale di quell’epoca, nota solo attraverso scarni riferimenti della trattatistica navale e pochissimi relitti indagati, che si contano sulle dita di una mano. La storia delle grandi marinerie mediterranee, tra cui quella degli stessi Genovesi, nonostante il ricco patrimonio archivistico di cui disponiamo, non ha tramandato i segreti più preziosi, le tecniche di costruzione navale che erano alla base della potenza politica e commerciale.
Il luogo della scoperta
All’interno dell’area C dell’Area Marina Protetta di Portofino, sui fondali di Porto Pidocchio nel comune di Camogli, una zona poco battuta dai subacquei e destinata alla sosta dei diportisti, a una cinquantina di metri di profondità.
Il servizio tecnico di archeologia subacque della Soprintendenza (S.T.A.S)
Per scrivere la storia di un territorio è necessario raccogliere tutte le tracce del passaggio dell’uomo su di esso, comprese le testimonianze archeologiche e storiche che giacciono sul fondo dei mari, dei laghi e dei fiumi. Attivo dal 1997, lo S.T.A.S. svolge compiti di coordinamento della ricerca, censimento, tutela, vigilanza, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico e storico artistico subacqueo ligure.
Simon Luca Trigona è archeologo subacqueo e referente S.T.A.S. e si occupa della tutela archeologica del Comune di Genova: “Ogni nuova scoperta archeologica, soprattutto se di importanza internazionale come quella che presentiamo oggi, è fonte di grandi emozioni, entusiasmi, ipotesi e supposizioni; ma ciò che adesso risulta prioritario è procedere immediatamente alla messa in sicurezza del sito tramite specifiche ed efficaci disposizioni condivise con l’Autorità Marittima e l’Area Marina Protetta di Portofino. Il progetto di ricerca e il suo staff è già al lavoro, anche se non possono essere negate le difficoltà tecniche di lavorare al limite delle possibilità operative della subacquea professionale; dovremo trovare i finanziamenti e avremo
bisogno di tempo per l’organizzazione e l’esecuzione delle indagini, ma il nuovo relitto Camogli 1 sarà certamente una miniera di informazioni per la storia della marineria mediterranea e, forse, potrà porre fine al lungo capitolo legato alla ricerca del famoso relitto raguseo del S. Spirito e Madonna di Loreto”.
Alessandra Cabella è storico dell’arte subacqueo presso lo S.T.A.S. e referente della tutela storicoartistica per le unità territoriali Genova Sud-Est e Genova Nord-Ovest: “Il patrimonio tutelato, dalle grandi evidenze alle tracce semi-sconosciute sul nostro territorio, costituisce un universo straordinario e multiforme, da proteggere e promuovere: il suo eccezionale plus valore è la sua naturale destinazione collettiva, la sua ideale appartenenza alla coscienza della nazione, contribuendo a costituirne l’identità culturale. La collaborazione coi subacquei e coi diving centres è particolarmente preziosa: segnalare una scoperta non è solo un obbligo di legge. I due scopritori con la segnalazione di questo nuovo importantissimo relitto sono diventati parte attiva nella tutela di un patrimonio che costituisce parte pulsante e identitaria delle nostre radici storiche e culturali”.
Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
Il nucleo Carabinieri Subacquei Genova
Il Nucleo è composto da un’aliquota di subacquei e dalla Motovedetta CC 820 che svolge esclusivamenteattività di supporto al reparto. La competenza territoriale si estende a tutto il nord Italia nello svolgimento di vari compiti: dall’attività di controllo e ispezione di siti archeologici sommersi alla ricerca di corpi di reato, armi, munizioni, sostanze stupefacenti, al soccorso delle popolazioni in alluvioni e per incidenti nelle acque.
Gli scopritori
Gabriele Succi ed Edoardo Sbaraini, sommozzatori professionisti e titolari della ditta di lavori subacquei “Rasta Divers” di Santa Margherita Ligure, sono già autori di analoghi rinvenimenti eccezionali. Nelle loro parole il racconto e l’emozione della scoperta: “Ci trovavamo nei fondali di una porzione di mare considerata di scarso valore riguardo al turismo subacqueo, ma storicamente significativa per le sue frequentazioni. L’immersione prevedeva di sfruttare i nostri veicoli subacquei (DPV) per coprire un’area relativamente grande compresa tra i 45 e i 55 metri di profondità ed è stato solo a pochi minuti dal termine del tempo di fondo pianificato che alcune grandi concrezioni e numerosi attrezzi da pesca incocciati in un fondale apparentemente fangoso hanno attirato la nostra attenzione. Al di sotto di questi “rifiuti” moderni affiorava una lunga serie ordinata di elementi in legno lavorati, associati ad altrettanti grandi chiodi ancora in posizione, ormai quasi irriconoscibili per via del concrezionamento. Vinta l’emozione iniziale e realizzato il potenziale interesse archeologico dell’area, abbiamo deciso di sfruttare gli ultimi minuti sul fondo per documentare in video quanto più possibile. Una volta terminata la decompressione sulla verticale
e rilevate le coordinate GPS con la strumentazione di bordo, non restava che contattare il Servizio Tecnico di Archeologia Subacquea della Soprintendenza con il quale collaboriamo costantemente dal 2018, anno del nostro rinvenimento del relitto romano denominato Portofino 3 che portava anfore galliche.”
Focus
Manuela Salvitti, Segretario Regionale del MiBACT per la Liguria e Direttore ad interim della Soprintendenza: “Con questa iniziativa, che ha potuto avviarsi grazie alla sensibilità e professionalità dimostrata dagli scopritori, si concretizza un ulteriore e importante traguardo del lungo lavoro di ricerca della Soprintendenza, teso da sempre ad approfondire e valorizzare la storia remota di questo territorio anche attraverso lo studio dei suoi fondali marini: i primi risultati confermano il grande interesse del ritrovamento, in quanto la porzione di scafo visibile può essere riconducibile ad un relitto della prima età moderna, di cui oggi sono noti pochissimi esempi nel Mediterraneo.
Nel campo dell’archeologia subacquea, la Soprintendenza Ligure ha raggiunto un grado di competenza tecnica ed organizzativa riconosciuto a livello nazionale. La specifica e consolidata tradizione subacquea ligure ha da sempre richiesto una particolare attenzione da parte del nostro Ufficio che, nonostante la significativa contrazione di personale degli ultimi anni, ha continuato a dedicare i propri sforzi al mantenimento di un nucleo operativo in grado di coordinare, per gli aspetti di competenza, le diverse istanze proprie dell’ambito marittimo e subacqueo regionale. Il restauro e la conservazione delle tracce materiche di questo eccezionale patrimonio ritrovato, insieme all’attività di ricerca, costituiscono le basi per la sua tutela, ma nel contempo la valorizzazione di queste evidenze archeologiche deve diventare l’occasione per tutti - istituzioni, studiosi e privati cittadini - per attivare un virtuoso processo educativo, formativo e partecipativo volto a restituire alle comunità locali la loro storia”.
Francesco Olivari, Sindaco di Camogli: “Anche in questo periodo di confinamenti il nostro mare è fonte inesauribile di scoperte che ci aprono a spazi ed epoche diverse. Grazie a questa scoperta eccezionale, col coordinamento della Soprintendenza e la collaborazione dei Carabinieri, le ricerche arricchiranno la conoscenza anche storica dei nostri fondali”.
Giorgio Fanciulli, Direttore dell’Area Marina Protetta Portofino: “Ancora una volta l’Area si è rivelata non solo uno scrigno di biodiversità, ma anche un tesoro sommerso di storia che sconfina nella leggenda. Coi tesori in essa racchiusi rappresenta la località ideale per un nuovo modello di turismo che guidi l’ospite a condividere i valori del territorio e le sue radici culturali".
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