Rettifica: l'editore di Primocanale Maurizio Rossi ha chiesto la messa alla prova e non l'affidamento ai servizi sociali
di Matteo Cantile
L’indagato ha chiesto di vedersi applicare la misura prevista dalla legge come alternativa al processo penale per reati di minore allarme sociale

In relazione all’articolo pubblicato l’8 aprile 2025 sul nostro sito, dal titolo “Caso Toti: Moncada, Amico e Vianello patteggiano. L'editore Rossi chiede affidamento ai servizi sociali”, si rettifica quanto segue.
Rettifica del titolo – Il titolo pubblicato, pur riportando correttamente nel corpo dell’articolo il riferimento alla richiesta di messa alla prova presentata dall’editore Maurizio Rossi, potrebbe risultare ambiguo nella sua formulazione. L’espressione “affidamento ai servizi sociali” non chiarisce compiutamente che la messa alla prova è un rito alternativo – recentemente introdotto - previsto dalla legge e la cui ammissibilità è subordinata alla valutazione del giudice. A tale proposito, si precisa che l’editore non è stato ancora sottoposto a nessuna pena, né è stata concessa alcuna sospensione del procedimento in accoglimento dell’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
Scelta giornalistica – La decisione di utilizzare nel titolo contestato l'espressione “servizi sociali” non aveva, né poteva avere visto il particolare tecnicismo giuridico, intento diffamatorio nei confronti dell'indagato: la scelta è da collegare all'esigenza giornalistica di essere immediatamente comprensibili ai nostri lettori. Se la richiesta di messa alla prova sarà favorevolmente accolta, infatti, Maurizio Rossi sarà chiamato – tra l'altro - a svolgere lavoro di pubblica utilità e potrebbe essere tenuto a realizzare attività di volontariato in una organizzazione concordata con il Tribunale di Genova: essere affidato ai servizi sociali evita il rischio di subire gli eventuali esiti negativi del processo svolto nelle sue forme ordinarie e tale “azzeramento” del rischio rappresenta, quindi, una delle principali finalità processuali della richiesta di messa alla prova. Resta inteso che l'istituto di messa alla prova – come spieghiamo in seguito – comporta l'estinzione del reato e non è – al contrario – una misura alternativa alla pena detentiva.
La messa alla prova – L’istituto della messa alla prova (MAP) è regolato dagli articoli 168-bis e seguenti del Codice penale e dagli articoli 464-bis e seguenti del Codice di procedura penale. Prevede, per alcuni reati di minore gravità, la sospensione del procedimento penale su richiesta dell’imputato o su proposta del pubblico ministero. La MAP comporta l’affidamento dell’imputato all’Ufficio di esecuzione penale esterna e l’attuazione di un programma di trattamento che può comprendere lavoro di pubblica utilità, volontariato, attività riparative o risarcitorie. Solo in caso di esito positivo, il reato si estingue. In caso contrario, il procedimento riprende regolarmente.
Precisazioni – L’iniziativa dell’indagato Maurizio Rossi si inserisce nella cornice giuridica sopra descritta. Il titolo, nella forma originaria, non intendeva attribuire contenuti o giudizi ulteriori rispetto a quanto riportato nel testo. In ogni caso, nel rispetto del diritto alla corretta rappresentazione processuale, Telenord ha ritenuto giusto pubblicare questa precisazione e chiarire che l’editore ha chiesto la messa alla prova e non è stato ancora sottoposto ad alcuna misura.
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