San Martino, lo sfogo a Telenord: "Così non riusciremo mai ad arginare il problema"
di Alessandro Bacci
L'infermiere: "Ognuno di noi può essere positivo, credete che gli ospedali siano sicuri?"
La Liguria si avvicina alpicco dell'ermergenza coronavirus. Sono tante le storie e le testimonianze di medici, infermieri e operatori degli ospedali che raccontano le situazioni esasperanti che sono costretti ad affrontare. Dopo lo sfogo di un'operatrice del Villa Scassi, anche un infermiere del policlinico San Martino ha deciso di raccontare a Telenord in diretta la situazione in cui sono costretti a lavorare. Uno scenario del tutto simile ormai in tutti gli ospedali del Nord Italia:
"Sappiate che qualsiasi persona ricoverata oggi ha accanto a sè un infermiere potenzialmente positivo al Covid-19, che non viene sottoposto a nessun tipo di screening e non è dotato di maschere filtranti, le cosiddette ffp2 e ffp3. Noi abbiamo le mascherine chirurgiche che speriamo possano evitarci di contagiare gli altri, ma non proteggono noi. Noi andiamo a fare la spesa al supermercato e abbiamo i famigliari a casa. Credete sia ragionevole permettere a degli infermieri in quarantena di lavorare accanto ai pazienti? Finchè questo accadrà possiamo evitare che la gente esca a fare jogging ma non riusciremo mai ad arginare il problema. Il problema è isolare le persone asintomatiche, e tra gli asintomatici tanti sono gli infermieri. Se gli infermieri hanno la febbre devono continuare a lavorare a meno che non sia molto alta, credete ancora che gli ospedali siano dei luoghi sicuri? Io penso di no."
Quale scenario per il futuro? "I reparti ad alto rischio come le malattie infettive e le rianimazioni dispongono dei filtranti ffp2, neanche ffp3. Dobbiamo considerare che ogni persona che entra in ospedale è potenzialmente positiva. I tamponi vengono fatti soltanto alle persone con sintomi respiratori e febbre alta. Noi sappiamo che il 70% delle persone positive sono asintomatiche e addirittura arrivano a guarire senza neanche si accorgano di essere malati. O noi facciamo un controllo a tutte le persone ricoverate, oppure evitiamo che noi operatori possiamo diventare gli untori. C'è bisogno di forza lavoro, ma non possiamo rischiare di far diventare gli ospedali dei focolai. È ciò che è successo a Bergamo e da lì ci hanno chiesto di non commettere lo stesso errore. Sembra, però, che non ci sia questo tipo di sensibilità e non so cosa succederà in futuro. Le mascherine arriveranno fra un bel poì ma temo che sarà tardi quando arriveranno. Bisogna capire come evitare di riempire i posti di terapia intensiva, cercare di fare della prevenzione, non trovarne di nuovi."
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