Sicurezza sul lavoro, lo sfogo degli operai in corteo: "Per certe aziende è perdita di tempo e soldi"
di Riccardo Olivieri
Il racconto dei lavoratori in corteo dopo la morte di Lorenzo Bertanelli, tra chi denuncia pochi controlli e chi viene pregato dalla famiglia di cambiare lavoro
"Chiunque di noi poteva essere lì". È questa la frase che si sente pronunciare più spesso dai tanti lavoratori delle riparazioni navali e di Ente Bacini che ieri hanno manifestato lungo le strade di Genova dopo la seconda morte sul lavoro in porto nel giro di pochi mesi, quella di Lorenzo Bertanelli. A telecamere spente manifestano le loro preoccupazioni, la paura di chi tornerà al lavoro dove pochi giorni prima è morto un collega.
Mentalità - "Si investe ancora poco sulla sicurezza per una questione di mentalità: è una perdita di tempo e di soldi" ci confida un operaio di una ditta che lavora sui motori. "Ti fanno lottare per un ponteggio, poi ti fanno andare in giro con l'elmetto che non serve a un c..zo - si sfoga, anche se in questo caso è bene rompere la quarta parete per ricordare che i dispositivi di sicurezza vanno sempre indossati come da disposizioni -. Nella ditta dove lavoro - continua - la sicurezza è uno spettacolo ma quando vai in casa d'altri non si sa mai". Gli fa eco un collega che cammina a fianco a lui: "Il senso di pericolo e allerta c'è sempre, soprattutto se si lavora con ditte che non si conoscono. Nel subappalto ci sono meno controlli e meno formazione: non sai chi ti trovi a fianco. All'estero invece c'è più personale specializzato". In generale tutti tornano a lavorare "più attenti, con la consapevolezza che è un lavoro rischioso. L’ambiente in cui lavoriamo dovrebbe essere più sicuro".
Bisogna cambiare - "Sono rimasto lì per i 45 minuti dell'intervento dei sanitari, speravo si salvasse - ci confida un altro operaio davanti ai cancelli delle riparazioni navali -. Le misure di sicurezza vengono applicate ma a volte per premura si fa di fretta. Domani sarà come tutti i giorni, si tornerà lì con la consapevolezza di stare più attenti a svolgere il nostro lavoro. Bisogna cambiare qualcosa perché poteva capitare a chiunque: più che paura c'è incertezza. Questo povero ragazzo è partito e non è tornato". Il subappalto invece "è una realtà: fa parte del nostro sistema di lavoro".
Parte da noi - "Nella quotidianità non fai caso alla sicurezza, non ti muore la gente di fianco in continuazione, ma questi episodi ti riportano alla realtà, sottovalutiamo quanto sia tangibile il pericolo di morire" è lo sfogo di un ragazzo che lavora al tornio. Interviene un collega che lavora nello stesso reparto: "A noi è sempre andata bene - racconta -, le ferite sono poche e lievi". Entrambi sono sicuri del fatto che la sicurezza "la fa soprattutto l'operaio, deve partire da lui. Poi alcune ditte vogliono farla bene e altre no". E le aziende "non fanno politiche improntate sulla sicurezza, alcune fanno i corsi per togliersi un peso. Stiamo migliorando ma siamo indietro". Il problema sta soprattutto nella "fretta che mettono, l'efficienza è semplicemente ridurre i costi ai danni dei lavoratori. Negli anni hanno usato la leva psicologica del precariato perché accettassimo condizioni peggiori". Ma il momento che più li ha toccati è stato "l'arrivo della famiglia, mi ha fatto tenerezza. Quando la sera sono tornato dalla mia mi hanno chiesto di cambiare lavoro perché hanno paura".
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