Tumore al seno, con test genomici -36% di ricorso alla chemioterapia dopo intervento
di Marco Innocenti
In Italia è stato approvato un fondo da 20 milioni: "Mancano ancora i decreti attuativi" accusano però gli oncologi
Grazie ai test genomici, è possibile ridurre complessivamente del 36% il ricorso alla chemioterapia dopo un intervento chirurgico nelle donne colpite da tumore al seno. Si ottengono così, con un esame mirato che individua le pazienti che realmente necessitano della chemioterapia, una cura 'personalizzata' e notevoli risparmi per i Sistemi sanitari. Le nuove conferme arrivano dagli studi presentati al congresso dell'Associazione americana di oncologia clinica (Asco) in corso in forma virtuale. L'impatto di questi test è dimostrato anche dal nuovo studio italiano PONDx condotto su 1.738 pazienti (con carcinoma mammario in maggioranza HR-positivo/HER2-negativo) in cura presso 27 centri di sei regioni: è emerso che il ricorso al test Oncotype DX ha fatto cambiare agli oncologi la scelta del trattamento adiuvante (dopo la chirurgia) da somministrare in circa il 50% dei casi ed ha ridotto del 36% il ricorso alla chemioterapia.
"Per la prima volta è stato valutato l'impatto di questi esami sulle decisioni terapeutiche degli specialisti e di conseguenza sulla vita dei pazienti - afferma Francesco Cognetti, Direttore Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e Presidente della Fondazione Insieme Contro il Cancro -. Ben il 49% delle donne per le quali prima del test era stata prevista la chemioterapia l'hanno potuta evitare, mentre circa il 12% di quelle per le quali era stata prevista l'ormonoterapia sono invece state sottoposte anche alla chemioterapia". Finora, spiega l'esperto, "sono 4 i test genomici disponibili e Oncotype DX è in grado di indicare con grande precisione chi può trarre beneficio dal ricorso alla chemioterapia nella fase iniziale del tumore. Possiamo così ridurre il ricorso a cure inutili e gli accessi ospedalieri. Si evitano inoltre effetti collaterali".
Ulteriori conferme sull'utilità del test genomico Oncotype DX arrivano dall'Asco dove è stata presentata un'analisi sul rapporto costi-benefici del test nelle donne in post menopausa. I risparmi "per cure inutili e effetti collaterali - rileva il presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica Aiom, Saverio Cinieri - è del 50% maggiore rispetto allo scenario precedente all'introduzione del test". In Italia, tuttavia, tali test non sono ancora pienamente disponibili: è stato approvato un fondo di 20 mln con la Finanziaria ma ad oggi, concludono gli oncologi, "siamo ancora in attesa dei decreti attuativi".
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