Bonassola: don Mignani, l’ex parroco vicino a Lgbtqia+, lascia la Chiesa: “Non sono più cristiano, solo 'gesuano'”

di steris

Scrive al vescovo spezzino Palletti: "Non credo più al valore 'ontologico' del battesimo, desidero non esser più annoverato fra i battezzati"

Don Giulio Mignani, ex parroco di Bonassola, ha deciso di dire addio all’abito talare, alla Chiesa cattolica e persino alla sua identità di battezzato. Noto per le sue posizioni poco allineate alla dottrina ufficiale su temi etici come l’eutanasia, l’aborto e i diritti della comunità LGBTQIA+, don Mignani era stato sospeso a divinis nell’ottobre 2022. Ora, attraverso una lettera aperta indirizzata al vescovo della diocesi della Spezia, Sarzana e Brugnato, monsignor Luigi Ernesto Palletti, ha formalizzato la sua scelta. Com’è nel suo stile, ha voluto rendere pubblica la missiva utilizzando i propri canali social.

“Ho così maturato una decisione che ora le comunico attraverso questa mia lettera – si legge nel testo –: quella di abbandonare non solo il sacerdozio ministeriale ma anche la mia stessa appartenenza alla Chiesa. Non credendo più al valore 'ontologico' del battesimo e ritenendo quest’ultimo un semplice rito di appartenenza all’Istituzione Chiesa, desidero non esser più annoverato fra i 'battezzati'”.

"Se è vero che non posso più definirmi 'cristiano', in quanto non riesco più ad avere come riferimento il Cristo così come è stato elaborato dalla Chiesa nel corso dei secoli, e potrei forse con più verità definirmi 'gesuano' (nel senso che riconosco l'importanza che nella mia vita ha avuto e ha la figura di Gesù, rimango però certamente un credente" scrive tra l'altro l'ex sacerdote.

Una scelta di rottura, maturata al termine della Quaresima, periodo che Mignani racconta di aver dedicato alla conclusione di un lungo percorso di riflessione, avviato circa due anni e mezzo fa. Durante questo tempo, ha continuato a sostenere con forza le battaglie che da sempre lo contraddistinguono. Nella stessa lettera, anticipa il suo allontanamento definitivo da un certo modo di intendere la fede e la comunità ecclesiale, parlando dell’“inesistenza di una Chiesa 'madre'” e di una “Chiesa 'famiglia' aperta all’ascolto e al confronto fraterno”; dichiara inoltre di “sentirmi a disagio e sempre più lontano rispetto alla maggior parte delle dottrine che vengono proposte”, un sentimento radicato nel tempo.  Durante questo periodo di “vuoto ecclesiale”, come lo definisce, Mignani afferma di aver potuto guardare alla Chiesa con maggiore lucidità e distacco, portando avanti “un’analisi più libera, uno sguardo intellettualmente e umanamente più onesto e oggettivo sulla realtà della Chiesa e sulle reali possibilità di sentirmi ancora coinvolto in tale contesto”.

Le sue critiche non si limitano alle tematiche morali che più gli stanno a cuore, ma investono anche l’impianto dottrinale della Chiesa, che considera “elaborato in tempi ormai lontani e mai seriamente rivisitato in chiave critica, alla luce dei saperi, della sensibilità e delle reali domande della contemporaneità”. Tra gli aspetti messi in discussione, Mignani cita anche alcuni pilastri del cattolicesimo, come il peccato originale, la redenzione e il sacrificio di Cristo, ma soprattutto il ruolo della Chiesa come intermediaria tra Dio e l’uomo.

Dal suo punto di vista, la struttura ecclesiastica attuale rappresenta “un’offesa al buon senso e alla ragionevolezza delle persone, soprattutto in ragione del modo dogmatico e autoritario di trattare i temi, senza una reale possibilità di discuterne dialetticamente e in un clima di libertà”. E rincara: “La struttura ideologica e gerarchica della Chiesa Cattolica rende assolutamente impossibile realizzare quei cambiamenti che sarebbero necessari e che io avrei auspicato, nell’ambito di una teologia che tenesse conto anche delle nuove acquisizioni delle scienze umane e del pensiero scientifico”.  Rifiuta, infine, qualsiasi forma di “obbedienza acritica, tacciandomi di eresia per ogni pensiero non dogmaticamente orientato”. Con questa presa di posizione, si chiude un capitolo lungo e complesso, che ha visto l’ex sacerdote raccogliere ampi consensi tra ex fedeli e sostenitori del cambiamento all’interno della Chiesa, ma anche numerose critiche da parte di chi gli ricordava il voto di obbedienza. La frattura con l’istituzione ecclesiastica, ormai insanabile, trova così oggi il suo definitivo compimento.

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