Legge sul femminicidio, Silvia Salis: "Bisogna educare, non punire"
di F.S. - Roli
La candidata sindaca del centrosinistra al corteo organizzato da "Non una di meno" critica il disegno di legge: "Creare cultura è più difficile che reprimere"
"Più che punire bisognerebbe educare". È questo il messaggio lanciato dalla candidata sindaca di Genova del centrosinistra Silvia Salis al corteo transfemminista organizzato da "Non una di meno" in occasione della Giornata internazionale della donna. "Vorrei pensare ad un Paese che educa alla sensibilità, che faccia sì che questi temi vengano condivisi non solo l'8 marzo - spiega -. Educare, creare presidi educativi, sensibilizzare i bambini fin da piccoli e poi i giovani è un lavoro più complesso che fare leggi punitive. Bisogna creare le condizioni per cui i casi diminuiscano per un processo di educazione, non repressione".
Lavoro - Uno dei temi centrali per raggiungere la parità di genere è quello del lavoro. "Siamo un paese dove una donna su due non lavora nonostante sia in età da lavoro - denuncia Salis -: questo è un grandissimo tema economico oltre che sociale". Secondo la candidata sindaca infatti "l'Italia su tantissimi temi è in una posizione non accettabile per quanto riguarda i diritti delle donne, sul posizionamento nlla società e nel mondo del lavoro", dalla "tutela delle condizioni lavorative" alla "parità salariale", ma anche che "il carico della famiglia sia distribuito non solo sulle donne ma su tutti i componenti della famiglia stessa".
Servizi - Secondo Salis mancano in particolare i servizi che possano garantire alle donne la possibilità di lavorare senza dover "accettare dei part time o smettere". "Il mio programma - spiega - riserverà grande spazio alle tematiche di genere, non solo perché sono una donna giovane con un figlio piccolo ma perché quando una donna riesce ad arrivare in una posizione influente non si deve dimenticare della fatica che le donne fanno tutti i giorni a tutti i livelli".
Parità di genere - Aggiunge Salis su Fcebook: "In Italia non c’è una vera parità di genere. Come donne, abbiamo meno opportunità lavorative, non c'è parità salariale e facciamo più fatica a costruire una carriera, trovandoci tutte davanti al bivio: figli o lavoro? I dati lo dicono chiaramente: siamo agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile e tra i primi per famiglie in cui lavora solo l’uomo. In troppi casi il lavoro femminile è precario, frustrante, demotivante, part-time involontario, sottopagato. A Genova la situazione non è diversa. Il tasso di occupazione femminile è ben più basso di quello maschile e le donne rappresentano la maggioranza di chi è disponibile a lavorare ma non trova un impiego. Non è un caso che tante giovani decidano di andarsene. Se il lavoro femminile resta un percorso a ostacoli, se una donna è costretta a scegliere tra figli e carriera, se l’accesso a servizi essenziali come gli asili è difficile o costoso, significa che la città non sta funzionando per tutte. Anche nella politica le donne faticano ad arrivare ai vertici. In Italia le sindache sono meno del 15% del totale, e ancora troppo spesso una candidatura femminile viene vista come un'eccezione. Non può più essere così. Genova ha bisogno di investire nelle donne, perché una città che garantisce a tutte le stesse opportunità è una città più giusta, più forte, più felice. Non si tratta di enunciare principi astratti, ma di mettere in campo misure reali: asili nido accessibili, sostegno all’imprenditoria femminile, percorsi formativi che aprano le porte ai settori emergenti, parità salariale reale. È già domani per le donne di Genova.
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