Secondo semestre 2020 con molte incertezze nel mercato degli scarti di metallo
di Marco Innocenti
Franco Avanzino, direttore generale di MTO: "Troppe incognite nei paesi orientali. Siamo in attesa di capire quali saranno le prossime mosse"
Da sempre mercato in esportazione, quello del metal scraps (scarti di metallo) nel 2019 ha visto crescere per l’Italia volumi anche in senso contrario, complice la guerra dei dazi tra Cina e Usa, che ha agevolato una diversione temporanea di traffico, nonostante il costo della manodopera europea per la lavorazione e la trasformazione dei metalli non sia competitiva come quella cinese e del Sud Est Asiatico.
Le esportazioni, che per l’Italia nel 2019 valevano circa 12,5 miliardi di euro (2,6% sul totale), nel 2020 rimangono per ora stabili, ma non possono contare su un orizzonte nitido: da una parte la Cina è in procinto di annullare le quote imposte ai propri importatori per tutti i rifiuti, ormai elevati a “risorsa”, che rispettano gli standard di qualità dettati dalle normative verdi, dall’altra le regole sempre più stringenti varate dal Paese del Sol levante penalizzano i vettori marittimi, ritenuti responsabili della restituzione e dello smaltimento dei rifiuti che non soddisfano i requisiti di importazione.
Questo potrebbe portare alla decisione a cascata di non accettare più spedizioni di rifiuti solidi verso la Cina, considerato anche lo scarso valore della merce trasportata. La definizione “scarto” può trarre in inganno se si considera che il metal scraps rappresenta spesso anche carichi pregiati, soprattutto quando il rifiuto contiene rame e alluminio. Protagonista di un flusso crescente di traffico da Ovest (Usa ed Europa) a Est, la Cina ne è sempre stata la madre adottiva, ma con l’emanazione del cosiddetto Green Fence nel 2013 ha creato non poche incertezze sul futuro.
L’annuncio che ha preoccupato gli esportatori dei paesi occidentali paventava una serie di restrizioni all’importazione dei rifiuti, restrizioni che si sono concretizzate nel 2017 quando venne ufficialmente limitata l’immissione nel Paese di alcuni materiali di recupero noti come categoria 7, in cui erano inclusi rottami non ferrosi contenenti rame e alluminio. Le disposizioni, entrate in vigore nel 2019, dovevano spianare la strada verso l’azzeramento delle importazioni nel 2020, che sembra però ancora essere una metà lontana, e hanno permesso un giro di vite molto severo sulle licenze di importazione, sulle quote concesse a ciascun importatore e hanno favorito un controllo sempre più serrato sul prodotto.
La svolta ecologista della Cina ha creato terreno fertile per una diversione di traffico che, come per altre tipologie di rifiuto, hanno puntato la prua sui paesi del Sud Est Asiatico, in particolare India, Sri Lanka, Pakistan, Thailandia e Bangladesh, definiti oggi “mercati di elaborazione”. I rottami di metallo vengono importati, trasformati e poi rivenduti alla Cina con un grado di impurità che ne permette l’esportazione, secondo le disposizioni in vigore, salvo una piccola percentuale destinata al mercato interno.
"Per quanto riguarda il mercato domestico – dice Franco Avanzino, Direttore generale di MTO, Multi transport operator, società del Gruppo Finsea – le esportazioni vengono gestite dai centri di raccolta. Si tratta di un settore di nicchia, altamente specializzato anche nella gestione del ciclo logistico e documentale. In particolare, quest’ultimo aspetto richiede una conoscenza molto approfondita delle normative per elaborare le dichiarazioni doganali e i documenti di accompagnamento del carico durante gli spostamenti da e verso i porti".
Il traffico metal scraps si trova oggi di fronte a un futuro di non facile previsione: "A partire dal secondo trimestre del 2020 i rottami di metallo e alluminio di alta qualità conformi ai nuovi standard – spiega Avanzino - non saranno più classificati come rifiuti e potranno essere importati in quantità illimitate; gli importatori cinesi non avranno più i vincoli dettati dalle quote loro affidate e questo agevolerà il flusso delle esportazioni e con esso i trasporti verso le aree di imbarco. Ma c’è un rovescio della medaglia che riguarda le norme stringenti imposte ai vettori marittimi che potrebbero portali alla decisione di non accettare più carichi di questo tipo destinati alla Cina, con la capacità dei Paesi del Sud Est asiatico di compensare i volumi non del tutto chiara. Siamo in attesa di capire quali saranno le prossime mosse".
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