Separazione delle carriere, nel giorno dello sciopero dei magistrati ecco le ragioni del no
di Matteo Cantile - Emilie Lara Mougenot
Al convegno organizzato dall'ANM Genova giuristi e docenti hanno discusso i possibili effetti della riforma costituzionale sulla giustizia italiana
Per chi ha poco tempo
1️⃣ Sciopero dei magistrati e convegno sulla separazione delle carriere a Genova
2️⃣ Gli esperti contestano la riforma e ne evidenziano i rischi per l’indipendenza della magistratura
3️⃣ L’ANM incontrerà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 5 marzo
La notizia nel dettaglio
Nel giorno dello sciopero nazionale dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati di Genova ha organizzato un convegno sulla separazione delle carriere, moderato dal giornalista Giovanni Mari, caporedattore de "Il Secolo XIX". L’evento ha visto la partecipazione di giuristi ed esperti che hanno analizzato le implicazioni della riforma costituzionale in discussione, perorando la causa del no.
Introduzione ai lavori - Il presidente dell’ANM Genova, Domenico Pellegrini, ha aperto il convegno sottolineando il senso della mobilitazione: "La nostra non è una difesa corporativa, ma una necessità per garantire la tutela dei cittadini".
Analisi giuridica - Il professor Mitja Gialuz, ordinario di Diritto processuale penale all’Università di Genova, ha ribadito il diritto e il dovere dei magistrati di esprimersi su riforme che incidono sulla loro indipendenza. "Questa non è una semplice separazione delle carriere, ma una divisione della magistratura, ed è per questo che si rende necessaria una riforma costituzionale, la semplice separazione delle carriere si potrebbe disporre con una legge ordinaria". Gialuz ha evidenziato che la lentezza della giustizia italiana non dipende dai magistrati, ma dalla carenza di risorse. "Si cita, strumentalizzandolo, Giovanni Falcone, ma lui voleva la separazione delle carriere, non delle magistrature". Ha poi proseguito sottolineando che "la giustizia italiana è la più lenta d’Europa, ma ciò non è dovuto a colpe dei giudici o dei pubblici ministeri, bensì alla mancanza di risorse adeguate. Se si investissero fondi nel sistema giudiziario per renderlo più efficiente e digitale, i tempi della giustizia migliorerebbero sensibilmente".
Effetti della riforma - Secondo Gialuz, la separazione delle carriere rischia - paradossalmente - di rafforzare il pubblico ministero, creando un sistema che lo avvicina agli organi investigativi, mettendo in pericolo l’imparzialità della sua azione. "Il modello americano è profondamente diverso dal nostro, che nasce dalla battaglia di Piero Calamandrei nell’Assemblea Costituente". Ha inoltre messo in guardia sui rischi di una magistratura che si trasformi in "avvocato della polizia", un’evoluzione che comprometterebbe il ruolo del pubblico ministero come figura imparziale.
Prospettiva storica - Il professor Riccardo Ferrante, ordinario di Storia del diritto all’Università di Genova, ha inquadrato il dibattito nel contesto storico: "Il Consiglio Superiore della Magistratura è stato un tema centrale nell’Assemblea Costituente, nato per garantire l’indipendenza della magistratura dopo il fascismo". Ferrante ha ripercorso gli snodi della giustizia italiana, dall’ingresso delle donne in magistratura fino agli scontri tra il CSM e la politica negli anni Novanta. "Nel 1965 con òa storica assemblea dell’ANM a Gardone Riviera si è avuta una nuova consapevolezza della magistratura, mentre l’ingresso delle donne ha contribuito a modificare profondamente la mentalità del settore. Un altro passaggio chiave si è verificato nel 1991, con il celebre discorso del presidente Cossiga sui 'giudici ragazzini'. Da allora il clima nei confronti della magistratura è mutato significativamente". Ferrante ha poi fatto riferimento ai conflitti tra magistratura e potere politico, citando l’episodio del 1991 in cui Cossiga inviò i carabinieri al CSM per identificare i suoi membri, un fatto che suscitò grande scalpore.
Non è questa la strada - Il procuratore capo della Procura di Genova, Nicola Piacente, che ha parlato con i giornalisti a margine del convegno (vedi video), ha evidenziato come il vero problema della giustizia non sia la vicinanza tra pubblico ministero e giudice, né la terzietà del magistrato, che già oggi è garantita dal sistema attuale. "Il tasso di divergenza tra le richieste dei pubblici ministeri e le decisioni dei giudici dimostra la dialettica processuale presente nel nostro ordinamento e conferma che le logiche decisionali restano indipendenti". Piacente ha sottolineato che "il vero nodo da affrontare è la carenza di risorse nella giustizia, un problema che si riflette sul lavoro dei magistrati ma, soprattutto, sui cittadini". Secondo il procuratore, il legislatore dovrebbe concentrarsi su questo aspetto, rendendolo "la stella polare della sua attività riformatrice".
Critiche sindacali - Anche la CGIL ha espresso contrarietà alla riforma, definendola "sbagliata e pericolosa" per il rischio di ingerenza politica nella magistratura. "Questa riforma mira a cambiare gli equilibri costituzionali per assoggettare la magistratura al potere politico", si legge in una nota della CGIL Genova e Liguria.
Prossimi passi - Il confronto tra magistrati e governo culminerà il 5 marzo, con un incontro tra l’ANM e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. I magistrati chiedono investimenti strutturali, depenalizzazione di alcuni reati e l’implementazione di nuove tecnologie per migliorare il sistema giudiziario.
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