Stati Uniti, è il weekend dell'uscita dagli accordi di Parigi: cosa cambia nella lotta al cambiamento climatico
di Simone Galdi
La decisione di Trump interrompe la presenza americana nei gruppi di lavoro IPCC, convocati ad Hangzhou in Cina dal 24 al 28 febbraio
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Tra i primi provvedimenti presi dopo il suo insediamento, l'amministrazione Trump ha bloccato la partecipazione degli scienziati statunitensi alle valutazioni chiave delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. La decisione rientra in una strategia più ampia di disimpegno dagli sforzi multilaterali di mitigazione climatica. Lo stop voluto da Donald Trump riguarda il personale del Programma di Ricerca sui Cambiamenti Globali degli Stati Uniti e della National Oceanic and Atmospheric Administration, impedendo la loro partecipazione a un gruppo di lavoro dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Tutto ciò segna un chiaro allontanamento degli Stati Uniti dagli sforzi internazionali di contrasto al cambiamento climatico e dalla cooperazione multilaterale. Vediamo quali possono essere le conseguenze immediate e a lungo termine di questa scelta.
La plenaria di Hangzhou - Il provvedimento implica che gli Stati Uniti non prenderanno parte alla prossima riunione plenaria dell'IPCC, prevista a Hangzhou, in Cina, dal 24 al 28 febbraio. L'incontro sarà cruciale per pianificare il settimo rapporto globale sul clima, includendo decisioni strategiche sul ruolo delle tecnologie di rimozione e cattura del carbonio. La Casa Bianca ha rifiutato di commentare la decisione, mentre il Dipartimento di Stato non ha risposto alle richieste di chiarimento. Il governo cinese, tramite il ministero degli Esteri, ha dichiarato di non essere a conoscenza del ritiro dei partecipanti statunitensi.
Reazioni scientifiche - "Il valore dell'IPCC sta nella capacità di fornire conclusioni condivise tra governi, aziende e istituzioni globali. L'assenza totale degli Stati Uniti è preoccupante", ha dichiarato Delta Merner, esponente dell'Union of Concerned Scientists, un'organizzazione senza scopo di lucro a difesa della scienza e con sede negli Stati Uniti. Sebbene gli specialisti americani continueranno a lavorare su ricerche utilizzate dall'IPCC, la mancanza di rappresentanza ufficiale influenzerà il processo decisionale.
Una decisione prevedibile - Gli Stati Uniti ricoprivano un ruolo centrale nell'IPCC, co-presiedendo con la Malesia un gruppo di lavoro sulla mitigazione climatica, dedicato alla riduzione delle emissioni di gas serra. Inoltre, avevano promesso circa 1,5 milioni di dollari per sostenere le attività del panel, fondi che però non sono ancora stati stanziati dal Congresso. Per gli esperti, l'uscita dagli organi dell'IPCC non rappresenta una sorpresa. Il presidente Donald Trump aveva già avviato il processo per sostenere l'utilizzo dei combustibili fossili negli Stati Uniti, in evidente contrasto con l'Accordo di Parigi, e per ridurre i finanziamenti per in difesa del clima, interrompendo nel frattempo le collaborazioni internazionali.
Tagli ai finanziamenti - "Questa decisione è coerente con la linea di Trump sulle politiche climatiche", ha affermato Kathryn Bowen, docente all'Università di Melbourne e autrice principale del sesto rapporto IPCC. La scelta americana si inserisce in un contesto più ampio di riduzione globale dei fondi per la ricerca climatica. "Negli ultimi anni abbiamo assistito a un progressivo taglio del supporto finanziario per gli autori dell'IPCC", ha aggiunto Bowen. "I paesi ad alto reddito sono visti come fonti di finanziamento essenziali per gli studiosi del Sud globale". L'assenza degli Stati Uniti potrebbe quindi avere un impatto significativo sulla capacità del panel di Hangzhou nel portare avanti le proprie analisi.
L'inedito fronte comune – Nel frattempo, negli Stati Uniti, gruppi dell’industria petrolifera e del biofuel hanno unito le forze per chiedere all’amministrazione Trump un incremento delle quote di combustibili rinnovabili da miscelare nel carburante nazionale a partire dal 2026. Secondo una lettera visionata dall'agenzia Reuters, questa richiesta rappresenta un fatto insolito, poiché i due settori si trovano spesso in contrasto sul programma Renewable Fuel Standard. Tuttavia, l’industria petrolifera e quella dei biocarburanti condividono una preoccupazione comune: l’ascesa dei veicoli elettrici, che rappresentano una minaccia diretta per qualsiasi tipo di carburante liquido. "Non sempre siamo stati d’accordo su ogni dettaglio, ma abbiamo deciso di unirci per riconoscere il ruolo cruciale dei combustibili liquidi nell’economia americana, promuoverne l’uso e garantire ai consumatori la libertà di scelta su come alimentare i loro veicoli", si legge nella lettera indirizzata a Lee Zeldin, il nuovo amministratore dell’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA).
Gli interrogativi che si aprono - Risulta ormai chiaro che gli Stati Uniti trumpiani non faranno nulla per contrastare i cambiamenti climatici, almeno secondo quella che era stata la filosofia dell'amministrazione Biden e dello stesso Accordo di Parigi del 2015, ispirato dal Protocollo di Kyoto di dieci anni prima. Per quanto fosse ormai ampiamente accettata la necessità di fare fronte comune, tra diversi Paesi ed economie, per limitare l'emissione di gas serra e quindi la preoccupante crescita della temperatura media globale. La prossima COP, Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, prevista a Belem a novembre 2025, sarà probabilmente la più complessa e delicata da quando è stata istituito l'appuntamento. La direzione presa dalla politica mondiale è chiara; la direzione verso cui virerà il clima, nel medio e lungo periodo, sarà tutta da scoprire.
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