Ponte sullo Stretto, Munari (UniGe): "Analizzare traffici, progetto non considera tipologia navi già in esercizio"
di Redazione
L'opera, destinata a durare a lungo, si inserisce in uno scenario in cui vengono costruite navi dalle dimensioni sempre più grandi
“L’attenzione mediatica relativa al ponte sullo Stretto di Messina si è molto concentrata sui costi, sull’impatto per la mobilità, sulla sicurezza intrinseca dell’opera. Meno attenzione sembra per ora essere stata posta sui profili “esterni” al ponte stesso, e cioè quelli relativi alla navigazione sullo Stretto a valle della sua prospettata realizzazione. Eppure, il tema della coesistenza tra ponte e traffico marittimo appare cruciale, per diversi motivi”. Questo il punto di vista del professor Francesco Munari, ordinario di diritto dell'Unione Europea all'università di Genova, espresso in un commento sul Sole24Ore.
Quali i punti finora non evidenziati dal dibattito pubblico? “Il primo - sostiene Munari - attiene al regime della navigazione. A quanto si sa, il progetto del ponte prevede un franco navigabile di 50 metri di altezza ai lati del ponte, e di 65 metri al centro. Già oggi la navigazione lungo lo Stretto è gestita con schemi di separazione del traffico, cioè lungo corsie di marcia che le navi debbono percorrere, e già oggi, a fronte di circa 13mila transiti all’anno di navi mercantili, sono diverse centinaia le navi con altezza superiore ai 50 metri che attraversano lo Stretto lungo la direttrice verticale. La costruzione del Ponte certamente implicherà ulteriori misure restrittive della navigazione (si parla, ad esempio, di senso unico alternato), che dovranno essere preventivamente concordate a livello internazionale, a norma della Convenzione Onu sul diritto del mare. In ogni caso, bene sarebbe valutare appieno le conseguenze di tali nuove misure anche sulle scelte di opportunità per una nave nel percorrere lo Stretto".
Il secondo aspetto da valutare, secondo il docente, riguarda la compatibilità del progetto con gli aspetti ingegneristici di molte navi già in esercizio, secondo una tendenza ad aumentare le dimensioni e quindi la capacità di carico. "Considerata la costante crescita delle dimensioni delle navi, andrebbe forse meglio approfondita - scrive Munari - l’idea di realizzare un’infrastruttura secondo un progetto che, già oggi, impedirà a non poche navi la navigazione lungo lo Stretto. A questo proposito, non parrebbe persuasivo impostare come limite dell’air draught quello di 65 metri (sopra quel limite di altezza le navi sarebbero fisicamente impossibilitate a transitare sotto il Ponte), mentre da 50 a 65 metri il passaggio sarebbe consentito lungo una corsia centrale, che si stima essere larga circa 600 metri: incidenti gravi, come quello recentissimo della “Dali” a Baltimora, impongono di considerare il rischio che, in caso di avaria, navi più alte di 50 metri possano comunque deviare la propria rotta e colpire il Ponte".
"Non si tratta di ipotesi fantascientifiche alla “Godzilla”... Questi scenari - conclude Munari - vanno allora adeguatamente considerati, a conferma che, per progetti così ambiziosi, parrebbero sconsigliabili effetti annuncio o eccessive semplificazioni".
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