Sech, più traghetti che passeggeri
di Giampiero Timossi
Ma l’urgenza è un nuovo Piano regolatore, promessa dimenticata dall’ex presidente
I porti son desideri, un po’ come i sogni. “Nel 2023 vedrà la luce il nuovo Piano regolatore portuale di Genova accogliendo le grandi istanze ambientaliste e della digitalizzazione, introdurremo un’innovazione unica a livello nazionale: alcune aree del porto da co-pianificare con il Comune di Genova e la Regione Liguria”. Così parlò Paolo Emilio Signorini. Era il 24 novembre di un anno fa. La promessa non verrà mantenuta e nel frattempo Signorini ha lasciato la presidenza dell’Autorità di sistema portuale Mar Ligure Occidentale e si è trasferito ai vertici dell’Iren. Dall’Autorità fanno sapere che quella scadenza “non è mai stata resa esplicita dall’ex presidente”. Interviste mai smentite e video ricordano il contrario. Inoltre da Palazzo San Giorgio trapela anche la possibilità che il commissario possa presentare in Regione il piano regolatore, anche se i momenti di confronto con terminalisti, spedizionieri, agenti marittimi o Confindustria non sono terminati. Difficile che il quadro si completi nei prossimi tre mesi, anche perché sarebbe un atto di difficile comprensione politica. Non c’è infatti alcuna certezza che l’attuale commissario sia anche il prossimo presidente dell’Autorità di sistema. E allora perché toccherebbe a lui definire il documento che dovrebbe stabilire i prossimi assetti delle banchine? Non avrebbe nessuna logica politica, più razionale sarebbe stato che Signorini portasse a termine il piano, se non entro il 2023 (come annunciato più volte nei mesi scorsi), almeno prima di passare a Iren. Allora se ne riparlerà alla fine del 2024, probabilmente dopo le Europee di primavera, perché una legge di riforma portuale non è ancora stata concepita e non sembra tema da affrontare in campagna elettorale.
Però la necessità di nuovo piano resta urgente e torna sempre d’attualità, anche in questi giorni quando un viaggio a Singapore del governatore Giovanni Toti sembra aprire nuovi scenari sulle banchine del porto di Genova. Qualcosa ha già rivelato in un colloquio con Il Secolo XIX lo stesso Toti, appena rientrato da un blitz “informale” a Singapore, invitato dai vertici di Psa, colosso orientale e globale e accompagnato da Giulio Schenone che di Psa Italy è azionista. Il governatore ha indicato la possibilità di destinare a una nuova funzione il terminal Sech di Sampierdarena, in concessione a Psa fino al 2045 e che trent’anni fa divenne il primo caso italiano di un intervento privato in salvataggio di un porto allora completamente pubblico. Uno “spazio” dedicato al “traffico passeggeri” ha dichiarato il leader centrista. Ipotesi che sembra però non coincidere con gli obiettivi delle parti in causa, quelle titolate a un’eventuale intesa, Psa e Grimaldi. Che vedrebbero a Calata Sanità traghetti ro-ro e rimorchi, decisamente incompatibili con l’idea di una possibile convivenza con i passeggeri. C’è la possibilità che le parti siano già parlate prima del viaggio di Toti a Singapore? Possibile, ma sarebbe inutile chiedere una conferma ai manager di Psa e Grimaldi.
“Si tratta di accordi tra privati, sia chiaro”, ha ribadito anche Toti. Chiaro, così come sembra (assai) probabile che gli stessi privati non avessero nessuna urgenza di far conoscere pubblicamente il tema delle loro interlocuzioni. Dettagli e il compito della politica sarebbe comunque quello di rendere pubblico qual che accade sul territorio. Il punto semmai è un altro. I porti saranno pure desideri, ma i desideri vanno pur regolati, in un contesto che vede il coinvolgimento di più soggetti. Per questo non tutti sono convinti della linea scelta dalla Regione: prima le grandi opere, poi il nuovo piano regolatore portuale. Per questo il vuoto lasciato dalla promessa non mantenuta di Signorini andrebbe colmato presto. Anche perché resta di difficile comprensione, almeno per chi fa impresa tra le banchine, comprendere la scelta di preferire un commissario rispetto a un nuovo presidente, tutto in un momento di profonda trasformazione dei porti del mar ligure occidentale e con un governo che in Liguria rispecchia la maggioranza dell’esecutivo di Giorgia Meloni.
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