Carige, i Malacalza chiedono 875 milioni di danni alla Bce
di Alessandro Bacci
La famiglia imprenditoriale era il primo socio della banca ligure con il 27,5% fino al commissariamento disposto dalla Bce a inizio 2019
Malacalza Investimenti e Vittorio Malacalza hanno chiesto alla Corte di Giustizia della Ue di condannare la Bce a risarcirli per un danno stimato complessivamente oltre gli 875 milioni di euro per le "omissioni di interventi doverosi" e le "positive condotte pregiudizievoli" attinenti all'esercizio delle sue funzioni di vigilanza su Banca Carige. La famiglia imprenditoriale era il primo socio della banca ligure con il 27,5% fino al commissariamento disposto dalla Bce a inizio 2019. Ora Carige fa capo al Fondo interbancario di tutela dei depositi (all'80%). E' quanto emerge dai documenti della corte di Lussemburgo.
La richiesta a Bce è nel dettaglio per 870,5 milioni euro da parte della Malacalza Investimenti, la finanziaria cui faceva capo la quota di riferimento di Carige e che è controllata dai figli di Vittorio Malacalza, Davide (tramite Hofima) e Mattia (per un 48% ciascuno, il 4% restante è del fondatore). Chiede invece 4,5 milioni Vittorio Malacalza, che non era invece mai intervenuto direttamente nelle azioni già presentati alla Corte di Giustizia Europea dalla Malacalza Investimenti. La famiglia "lamenta" in particolare nel ricorso che la Bce "abbia concorso a determinare una rappresentazione della situazione e delle prospettive della banca, nell'affidamento della quale gli azionisti hanno investito ingenti risorse nell'acquisto di azioni Carige e nella sottoscrizione e versamento di aumenti di capitale; e abbia successivamente tale affidamento frustrato con comportamenti e con l'emanazione di provvedimenti contraddittori, impositivi di misure ingiustificate, sproporzionate e anche sotto altri profili illegittimi, che si inscrivono in una condotta complessiva illecita e pregiudizievole". Il ricorso elenca quindi "affidamenti ingenerati sulla situazione di Carige" per gli aumenti di capitale 2014, 2015 e 2017 e "la successiva frustrazione di tali affidamenti", anche a causa di "comportamenti e provvedimenti della Bce", citando la "illegittimità di tali provvedimenti" e la "illiceità della complessiva condotta alla quale essi ineriscono".
Bce, lamenta poi il ricorso, ha effettuato "impropri condizionamenti e ingerenze nei processi di governance della banca, favorendone una gestione autocratica da parte degli amministratori delegati, in difformità dalle regole del diritto societario e della normale dialettica dell'organo amministrativo collegiale, così da assicurare l'attuazione di misure scorrettamente imposte, precludendo altresì la reazione a pratiche gestionali del management improprie e pregiudizievoli, nonché determinando un fattore di debolezza della banca". Bce, ancora secondo i Malacalza, ha "concorso a creare i presupposti che la stessa autorità ha posto a fondamento della propria illegittima decisione di assoggettamento della banca ad amministrazione straordinaria e di avere, con ciò e con successivi comportamenti, concorso a determinare l'illegittimo aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione, deliberato nel 2019, che ha provocato una ingente perdita di valore delle partecipazioni degli azionisti".
Nella citazione per Vittorio Malacalza invece si lamentano vicende e ragioni specificamente inerenti alla sua qualità di ex amministratore e vice presidente di Carige. Malacalza ha già impugnato nell'autunno 2020, dopo qualche 'schermaglia' sull'accesso agli atti, anche il commissariamento Carige disposto dalla Bce. La banca ligure a fine gennaio 2020 è intanto tornata alla gestione ordinaria. Pende invece al tribunale di Genova la richiesta di risarcimento per oltre 486,6 milioni avanzata sempre dalla Malacalza Investimenti a Carige e in solido al Fitd, con lo Schema volontario, e l'istituto trentino Cassa Centrale Banca.
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